giovedì 3 settembre 2009

Pensare l'educazione dei giovani.... fuori dai luoghi comuni.

E' importante considerare il mondo dell'educazione dei giovani non come una missione ma come un modo di comprendere il mondo da parte di chi, durante una fase importante di crescita, si avvicina sempre più al vasto universo degli adulti. Volendo affrontare alcune questioni, che da qualche tempo stiamo affrontando insieme a tanti operatori e docenti del progetto La strada maestra, possiamo elencare alcuni punti di cruciale importanza per le prassi adoperate. Si tratta di considerazioni che hanno il valore di mettere in moto interventi mirati e una consapevolezza in tutti coloro, come i nostri collaboratori, mirato all’attuazione di piccole azioni di prevenzione sociale.
I giovani di oggi, a differenza dei giovani di ieri, vivono una sorta di nichilismo epocale (Galimberti U., 2008), dentro di se stessi avvertono la presente di un ospite oscuro (la tristezza, la mancanza di prospettive future “certe”, ecc.) che toglie respiro, speranze: essi cercano un futuro che non appare facilemente neppure lontanamente all’orizzonte della loro attuale vita, vivono un’epoca di transizione dove i precedenti pilastri (“scuola”, “lavoro”, famiglia”) non hanno radici solide. Inoltre fanno sempre esperienze filtrate, mediate, difficilmente fanno esperienze dirette (e neppure amano molto il confronto fisico con gli adulti) di una determinata cosa. Essi, molto più spesso, fanno esperienze mediate da oggi innovativi e complessi:dalla Tv, dal computer, dai cellullari, ecc. Per esempio, se organizziamo una vacanza, prima ancora di andarci i giovani hanno già visto tutto in internet.
Pertanto uno dei punti operativi principali è di far passare costoro dall'esperienza mediata all'esperienza diretta dell'incontro ovvero portarli a vedere, a sperimentare concretamente la vita che accade giorno dopo giorno. Molti adulti non hanno ancora intuito che nei giovani vi è un forte bisogno di incontrare la vita, non solamente di leggerla o ascoltarla .
Per la prima volta nella storia umana viviamo in una società senza confini. Tuttavia però tutto questo ci conduce ad essere pieni di paure e di insicurezza. Il mondo senza limiti si divide in popoli ricchi e poveri. La nostra, malgrado il progresso delle nuove tecnologie, si presenta come una società tuttavia immobile:viene richiesto l’uso di un pensiero in libertà stando comodamente in poltrona, possiamo viaggiare da un cellullare ad un altro rimanendo tuttavia nello stesso spazio. Una comunicazione oltre i confini. Il corpo rimane immobile mentre il pensiero cerca orizzonti, idee ed emozioni.
E di fronte a questa situazione la direzione educativa da intraprendere è quella di allargare lo sguardo sul mondo, di rendere concreto e visibile il pensare, di rendere l’emozioni vive e vere. L'emergenza di oggi sono i ragazzi, facili prede del mercato dei consumi e di un mondo artefatto dalle emozioni: essi sono dentro il mondo ma, allo stesso tempo, vivono una grande solitudine (“sentimento oceanico”).
Oggi ci sono molte più opportunità ma anche molta più forme di solitudini, incapacità ad agire nella vita. I ragazzi sono anche disponibili e interessati a sintonizzarsi sullo sguardo alto ma quando questo non c'è rimane il vuoto, ed è sempre festa.
Sembra, apparentemente, che i giovani non abbiano idee sul loro futuro e facciano finta di pensarci. Se però si riesce a rompere il muro che li circonda allora loro rispondono su aspettative, speranze, sogni. Un progetto sociale che si propone di assistere ed aprirsi ai giovani non può limitarsi all'intrattenimento/formazione/assistenza ma deve offrire occasioni di pensiero concreto . Anche le informazioni oggi sono un problema per i giovani, perchè occorre fornire informazioni utili per lo sviluppo cognitivo e per stimolarti all’agire. Grazie all'avvento dei mass media, la comunicazione è divenuta la caratteristica più distintiva dell'epoca attuale. In pochi decenni siamo passati dalle veglie attorno al focolare alla Tv, dai libri e giornali su carta agli hypertesti via internet, dai teatri all'home video, dai concerti alla radio e ai Cd. I media infatti sono entrati a far parte, nel bene e nel male, della nostra vita quotidiana. Non sorprende quindi che la comunicazione sia divenuta un oggetto di studio sempre più centrale e che attorno ad essa ruotino professioni. Una risposta a tutto ciò va trovata nella perdita del rapporto diretto con le realtà su cui viene espresso il giudizio: l’abbondanza di messaggi trasmessi nel villaggio elettronico globale si accompagna alla povertà e all’astrattezza dei significati. Non è possibile dal progresso rimanere immuni ma la consapevolezza di essere vittime e autori di comunicazione è un traguardo necessario per vivere.
Oggi l'etica del divertimento vive momenti di gloria e non mostra segni di cedimento sul mercato mondiale. Tale etica sta soppiantando l'etica del risparmio e del sacrificio. Anche se incombe lo spettro della povertà. Oggi proporre l'etica del sacrificio non funziona più. Occorre pensare ad altro.
Forse è indispensabile proporre un tempo aperto, come alternativa al tempo pieno, al tempo perso e al tempo vuoto.
Oggi l'esperienza della gratuità è sempre più rara. Occorre allora aiutare i giovani ad uscire da se stessi attraverso esperienze di dono e di gratuità . Occorre pensare al dono e alla gratuità tramite uno sguardo educativo.
Oggi siamo portati a vivere le emozioni come sballo. Occorre quindi abituare i giovani alle emozioni contemplazione. La contemplazione non è una cosa astratta ma è la capacità di godere delle cose belle, che costano fatica. Qui dentro ci sta il teatro, la musica e altre esperienze di questo tipo, per educare ad emozioni che sono nella normalità. Non serve abituarsi ad emozioni di breve durata. L'educazione estetica e la creatività richiedono spazio nella società.
Occorre recuperare la fragilità/tenerezza come dimensione normale della vita. Occorre preparare alla resilienza, abituare a sopportare piccole e grandi frustrazioni. Bisogna abituare i giovani ad abitare le proprie fragilità. Non serve un'educazione della perfezione: la scuola non è un pronto soccorso. Non tutti i giovani oggi sono degli analfabeti emotivi.
I giovani si devono sentir dire che il dolore è fonte di apprendimento. Noi non possiamo proporre l'oasi di felicità come i mass media propongono da tutte le parti e in ogni luogo del pianeta. Qui entra in gioco il concetto di sfortuna che non è una costante ma un incidente: anche se, per i giovani tende a riassume tutto ciò che non è previsto, di negativo, da abolire. La sfortuna colpisce a caso, proprio come la fortuna. La sfortuna va accolta come patrimonio umano.
Occorre creare un luogo dove poter incontrare adulti significativi e non eroi, che sappiano raccontarsi con umiltà. Fondamentale è l'incontro personale dal vivo. Occorrono delle sane biografie viventi, nuove e sane vite vissute con il sudore. Dr. Giuseppe Errico

1 commento:

Anonimo ha detto...

un educazione migliore per i nostri figli è alla base di una scuola aperta soprattutto i professori devono essere competenti e "all'altezza della situazione".