lunedì 24 maggio 2010

martedì 18 maggio 2010

“Laboratorio sul Volontariato in Ambito Sociale”

In ottemperanza a quanto stabilito dal partenariato con l’Associazione Arcipelago Onlus, la Cooperativa Novella Aurora ha organizzato e gestito, nell’ambito dell’Azione 5 –Tutti Insieme, il Laboratorio sul Volontariato in Ambito Sociale.

PARTECIPANTI
Il gruppo di partecipanti era costituito da 26 persone di età variabile tra i 24 ed i 55 anni, residenti nei comuni di Villaricca e Giugliano in Campania. Delle 26 persone, 15 dipendenti della cooperativa Novella Aurora ed 11 esterni. Il gruppo si è dimostrato compatto ed attento per tutta la durata del corso; la partecipazione è stata piena e consapevole, compatibilmente con gli impegni lavorativi di ognuno dei discenti. Gli allievi si sono particolarmente appassionati ad alcune argomentazioni, quali le difficoltà tra la cooperazione (realtà nella quale molti di loro lavorano) e il puro volontariato, la legislazione avente ad oggetto le prestazioni volontarie e l’associazionismo, il volontariato in altri paesi. Sempre attenti e consapevoli del loro ruolo, hanno partecipato con sincero entusiasmo alle attività, collaborando attivamente alla stesura del programma ed aiutando a gestire la calendarizzazione delle lezioni sulla base delle esigenze dei servizi della cooperativa e più in generale sulla base delle esigenze lavorative di ognuno, docente compreso. Gli interventi in aula sono stati sempre pertinenti e puntuali, così come si è ben strutturato il rapporto tra docente ed allievi.

ARGOMENTI DELLE LEZIONI
Gli argomenti svolti durante il corso hanno spaziato dalla mera definizione di volontariato alla sua concreta e puntuale coniugazione quotidiana. Si è affrontato in particolare il significato intrinseco dell’attività del volontario esplicitata nelle varie realtà nazionali ed internazionali. Si è quindi parlato dell’associazionismo, della cooperazione sociale, della cooperazione internazionale; si è affrontata la legislazione nazionale sul volontariato e le sue implicazioni locali, così come è stato declinato un quadro completo della legge 328/00 e delle sue quotidiane applicazioni nella materia oggetto del corso. Molto interesse da parte dell’aula è stato destato dalle lezioni che hanno avuto ad oggetto le attività di volontariato e le modalità di gestione delle stesse in altri paesi, europei e nord americani. Si manifesta in questa relazione il rammarico per il tempo limitato che si è potuto dedicare alle attività di volontariato che vengono poste in essere attraverso i progetti di cooperazione internazionale, gestiti dal nostro ministero degli esteri attraverso associazioni e cooperative che lavorano in paesi in via di sviluppo.

LE POSITIVITA'DEL CORSO
Tra le positività del corso svolto, vanno sicuramente annoverate:
• Le relazioni interpersonali createsi durante lo svolgimento del corso stesso;
• L’attenzione attiva dimostrata dagli allievi;
• La partecipazione costante e continuativa degli stessi;
• La complessità delle argomentazione e la contestuale facilità di apprendimento degli allievi;
• L’omogeneità delle lezioni;
• La flessibilità oraria;
• Il sincero entusiasmo della platea.

PUNTI DI CRITICITA'
• Necessità di far combaciare necessità lavorative dell’aula con giorni ed orari di lezione;
• Scarse risorse temporali;
• Eterogeneità, per formazione scolastica e culturale, dell’aula.

CONCLUSIONI
L’esperienza è stata sicuramente positiva, sia per ciò che concerne la parte puramente didattica sia per l parte umana. Dal punto di vista didattico, è stato importante il poter concedere ad operatori sociali e a persone semplicemente interessate allo stesso mondo, la possibilità di poter approfondire conoscenze utili se non necessarie. Concedere la possibilità di poter tornare ad apprendere è stato importante, tanto più in territori come i nostri, vessati e stuprati dall’avidità e dalla sottocultura. Ci si augura vivamente che esperienze del genere possano tornare a porsi in essere; sia per la costante formazione della popolazione interessata, sia per concedere la possibilità di divulgare tali tipi di conoscenza. Eduardo Chianese

lunedì 17 maggio 2010

Relazione delle attività di “Orientamento” svolte nell’I.C. Pascoli 2

La progettazione esecutiva delle attività di Orientamento, in riferimento agli obiettivi e ai contenuti dei singoli incontri effettuati con i ragazzi, è stata realizzata dai docenti dott. Giuseppe De Costanzo, sociologo, e la sottoscritta dott. Paola Guglielmi, psicologa, con la prof. Maria D’Adamo, referente del progetto per l’Istituto Comprensivo Pascoli 2, del quartiere Secondigliano di Napoli, coerentemente con l’obiettivo di adeguare la proposta alle reali esigenze dei ragazzi delle classi III in merito alla scelta del loro futuro scolastico e professionale.
Destinatari della proposta sono stati gli allievi di quattro classi III, due del plesso centrale, situato nel quartiere Secondigliano di Napoli, Rione dei Fiori, due della succursale, sita sempre in Secondigliano, in via Cupa dell’Arco.
Il gruppo dei destinatari ha una composizione piuttosto eterogenea in relazione alla provenienza socio – culturale e, soprattutto nel caso di una delle due classi della sede centrale dell’istituto, la frequenza dei ragazzi a scuola non è sempre continuativa e costante. Ciascun gruppo ha rivelato caratteristiche specifiche per la qualità delle relazioni interne, a volte più solidali e coese, altre volte più frammentate in sottogruppi, e per il tipo di rapporto instaurato con l’autorità, a volte più disponibile, altre più provocatorio e diffidente. La partecipazione alle attività proposte, anche quando i ragazzi erano presenti, ha richiesto la costante ri-motivazione e continue sollecitazioni da parte dei docenti sia interni che esterni. In generale, i ragazzi hanno accolto con entusiasmo e disponibilità l’intervento degli esperti, soprattutto perché consapevoli della loro profonda difficoltà ad intraprendere una scelta complessa e determinante nella loro vita, quale quella del percorso di studi. Nello svolgimento delle attività, è stato comunque necessario ricordare ai ragazzi l’importanza dell’obiettivo finale e sostenere e facilitare il loro impegno alla partecipazione con la proposta di attività pratiche, finalizzate alla realizzazione di prodotti concreti (cartelloni, schede, brevi ricerche, attività di piccolo gruppo con esposizione dei risultati delle discussioni).
La metodologia utilizzata per lo svolgimento delle attività ha tenuto conto sia delle caratteristiche della platea cui esse erano indirizzate, sia dello spirito con cui esse si collocano nella più ampia proposta progettuale, ovvero quello di comprendere ed approfondire le motivazioni profonde, personali e familiari, psicologiche e sociali che inducono nei ragazzi uno scarso senso di attaccamento allo studio e un disinvestimento rispetto al proprio futuro, da una parte, e rinforzare gli elementi personali e collettivi che si propongono come risorsa nel sostenere il percorso di crescita dei ragazzi, dall’altra. Pertanto, si è puntato su una metodologia che, mettendo in contatto i ragazzi con i loro desideri più profondi, li coinvolgesse in un percorso di maggior comprensione delle proprie qualità e risorse e nella ricerca attiva delle “strade” più opportune e percorribili, date le loro attitudini, per raggiungere l’obiettivo della loro autorealizzazione. La metodologia ha compreso lavori in piccolo gruppo, discussioni, giochi, oltre a momenti informativi in setting più frontali.
Il programma delle attività ha previsto, innanzitutto, la facilitazione di uno stile di comunicazione più profondo e autentico di quello al quale sono abituati i ragazzi in classe, costantemente ironico e spesso provocatorio, anche dove sussistono all’interno del gruppo relazioni di amicizia significative. In secondo luogo, si è cercato di scomporre e analizzare singolarmente gli elementi che compongono la scelta della scuola superiore: attitudini per materie specifiche, valori perseguiti nell’impostare il proprio presente e progettare il proprio futuro, sogni infantili, principali aree di interesse e di attività, occasioni concrete ed esigenze pratiche di vicinanza/raggiungibilità/orari.
La terza fase ha contemplato l’informazione quanto più possibile completa e accurata sulle varie tipologie di scuola, naturalmente aggiornata ai cambiamenti introdotti dalla cosiddetta riforma Gelmini sull’ordinamento della Scuola Superiore.
La quarta fase, che ha coinciso con la pratica delle iscrizioni da parte dei ragazzi presso la scuole scelte, ha compreso una restituzione in gruppo a ciascun partecipante sulla scelta consigliata a seguito del percorso di analisi delle attitudini, delle qualità personali, dei valori, delle aspirazioni.
La quinta ed ultima fase ha riguardato la ricerca e la condivisione di informazioni specifiche e dettagliate sui singoli istituti individuati nell’ambito territoriale di riferimento dei ragazzi. Le informazioni hanno riguardato: localizzazione spaziale e raggiungibilità, principali materie, corsi attivati, progetti extracurricolari, dotazione strumentale delle sedi.
Nella maggior parte dei casi le scelte suggerite hanno coinciso con quanto poi deciso dagli studenti, e questo elemento ha rappresentato un valido sostegno per la motivazione dei ragazzi a perseguire con entusiasmo e convinzione la scelta effettuata.
La maggiore difficoltà incontrata probabilmente consiste nella percezione dello scarso interesse che i ragazzi manifestano, non tanto per le attività, alle quali hanno aderito talvolta con entusiasmo, talvolta con maggiore apatia, ma nei confronti di se stessi: essi sembrano prendere poco sul serio o credere poco nelle loro qualità, come anche nei loro desideri, disillusi, demoralizzati, già avviliti dalle difficoltà, dai fallimenti, dai compromessi che percepiscono come condizione insita nell’essere adulto e che sicuramente si prospettano come inevitabile anche nel loro futuro. Il messaggio che genericamente e, spesso, irresponsabilmente gli adulti trasferiscono ai più giovani è un senso di sfiducia, di scarsa speranza, e di inevitabilità del fallimento, della sconfitta o della difficoltà nel realizzare i propri sogni, soprattutto in contesti in cui il disagio sociale è diffuso come in quello in cui si colloca questo intervento. Pur riconoscendo che la difficoltà è un aspetto ineludibile dalla condizione stessa di esser umani, è importante rinforzare la fiducia che, con l’impegno e le responsabilità, i giovani possano non solo realizzare i loro desideri, ma anche contribuire a migliorare qualcosa dell’ambiente che li circonda. La risorsa principale, pertanto, rappresentata da una proposta come quella descritta, risiede nell’opportunità offerta ai ragazzi di creare uno spazio in cui essi possano condividere tra loro e con adulti disponibili timori, perplessità, desideri, aspettative relative al proprio futuro, in cui si possa parlare del futuro senza dare per scontato che i propri obiettivi siano irraggiungibili. Il messaggio alternativo che si è voluto offrire è che qualsiasi percorso richiede impegno, compartecipazione al destino comune, interesse per il proprio benessere e per quello altrui, coerenza con i propri valori personali, ma anche con le proprie scelte e i propri sogni. Paola Guglielmi

giovedì 13 maggio 2010

Relazione del percorso “Mai più soli”


Progetto "La Strada Maestra". L’I.C. “Pascoli 2” opera su tre sedi (plesso Marta Russo, plesso Carbonelli, plesso Cupa dell’Arco) e si trova nella periferia di Napoli nord, una zona interessata da fenomeni delinquenziali e fortemente disagiata sotto l’aspetto socio-economico. I bisogni formativi dell’ambiente tendono a un modello comportamentale orientato alla legalità.
Il percorso “Mai più soli” di cui mi è stato affidato l’incarico di docente interno nell’ambito del Progetto” La Strada Maestra”, è stata una risposta puntuale ai bisogni della comunità scolastica. Il corso è stato articolato in 25 incontri (totale 50 ore) che si sono tenuti nel plesso “Carbonelli” e nel plesso “Marta Russo”. L’azione, finalizzata al sostegno della genitorialità, ha posto l’attenzione ai problemi di educazione familiare valorizzando il ruolo della famiglia quale elemento basilare dello sviluppo psico-fisico dei ragazzi. L’obiettivo prioritario è stato quello di promuovere la consapevolezza che i genitori costituiscono una risorsa preziosa nella prevenzione della dispersione scolastica , riconoscendo l’influenza dei comportamenti genitoriali nella crescita della persona.
In collaborazione con il dott. Caprino ho cercato di sensibilizzare i genitori partecipanti sulla necessità della cultura, quindi della scuola, come pre-condizione per il riconoscimento della propria dignità umana e civile; la scuola allontana i ragazzi dalla strada e dalla microcriminalità, offre un ambiente ospitale che contribuisce allo sviluppo della persona in tutte le sue dimensioni ; a scuola i ragazzi sviluppano l’autostima e il senso di appartenenza alla comunità cittadina. Invece in un contesto fortemente disagiato, la scuola è posta dalla famiglia all’ultimo gradino della scala dei valori , ignorando che essa costituisce il fondamentale presupposto per l’inserimento nella società. Ho cercato di trovare attraverso un clima sereno ed amichevole frequenti momenti di discussione –confronto sulle problematiche familiari più scottanti. Durante gli incontri, anche i genitori culturalmente e socialmente più svantaggiati hanno avuto la possibilità di conoscere gli atteggiamenti più positivi e incoraggianti verso i figli; hanno avuto la possibilità di apprendere come “la promozione di azioni positive” migliorino la qualità delle relazioni interpersonali e la vita quotidiana riducendo potenzialmente le situazioni di rischio.
Le varie tematiche affrontate, le attività proposte, hanno indotto sicuramente tutti i genitori partecipanti alla riflessione che costituisce il punto di partenza di ogni potenziale cambiamento. Ho infine mirato a promuovere la circolarità della comunicazione in maniera tale che tutti potessero esprimere la propria opinione e mettersi in discussione. Il mio ruolo, supportato dalle competenze professionali e specialistiche del dott. L. Caprino che mi ha affiancato in 12 incontri, è stato essenziale non solo come conduttore esperto, infatti si è caratterizzato spesso come facilitatore della comunicazione favorendo l’ascolto attivo ed evitando distorsioni comunicative come moraleggiare, minacciare, intimidire, ordinare etc. Inoltre, in qualità di Funzione Strumentale (Area 3 –sostegno alunni:disagio sociale e dispersione scolastica. Area 4 – rapporti con enti locali), ho supportato i percorsi “Accompagnamento sociale per i ragazzi a rischio” e il “Laboratorio di orientamento e formazione”.
Nel primo percorso i ragazzi con alto disagio sono sono stati inseriti in itinerari tesi all’inclusione scolastica e sociale; il secondo, invece, ha mirato a sviluppare negli alunni delle classi terze la consapevolezza delle scelte future. Valida ed efficace si è rivelata la mediazione educativa svolta dagli operatori esperti all’interno dei gruppi classe. Le esperienze realizzate possono ritenersi positive e soddisfacenti e senza fare retorica, rafforzano la necessità di ulteriori azioni educative , per collocarsi in una prospettiva di formazione e prevenzione che costituisce un investimento, anche se a lungo termine, della società. La docente Prof. Maria D’Adamo Istituto Comprensivo Pascoli II Napoli (quartiere Secondigliano)

lunedì 10 maggio 2010

Chi sostiene gli educatori???

Qualche giorno fa parlavo con un’insegnante che, riferendosi ad alcuni episodi relativi al comportamento di alcuni suoi colleghi, mi diceva “la vedi la mia mano??? Le dita non sono tutte uguali!!!!”

In effetti aveva ragione!!!! Come in ogni categoria, esistono non solo i lassisti, quegli insegnanti che hanno tentato il concorso solo per avere la sicurezza del posto statale, ma anche coloro che si impegnano con passione, cercano di essere autorevoli, di assumersi la responsabilità di essere prima di tutto degli educatori. Il mio pensiero è rivolto a loro, che spesso si fanno portavoce di un bisogno: essere ascoltati, sostenuti, aiutati a poter comprendere i comportamenti dei loro ragazzi, per i quali si impegnano, per i quali si battono e si fanno in quattro.

Chi sostiene questi educatori, in una società in cui alla scuola, spesso isolata e senza fondi, viene delegata totalmente la responsabilità educativa??

Allora ben vengano i progetti che sollevano bisogni, dubbi, interrogativi, anche se la speranza sarebbe quella di una presenza obbligatoria, in tutte le scuole di ogni ordine e grado, di una equipe psicoeducativa che possa sostenere in maniera continuativa il personale docente e non, i ragazzi e le loro famiglie, affinché tutti possano avere uno spazio, in cui sanno di poter essere adeguatamente accolti.

Mi auguro che questo mio desiderio possa realizzarsi. Nel frattempo andiamo avanti, godendo dei privilegi che la nostra professione ci offre: un grazie, un sorriso, un gesto, un disegno, un messaggio scritto su foglietto, che possono illuminarti la giornata. Valentina Ferrara

martedì 4 maggio 2010

Adattamento, disagio o creativita’?

Sarà vero che gli adulti ed i giovani sono soli, in uno stato di incomunicabilità e di isolamento dal mondo, che sono privi di futuro, che soffrono rispetto al loro destino, che avvertono e vivono un’inerzia conformista (Galimberti, 2007) e che, tra le forme di vuoto esistenziale, quest’ultima sia la più diffusa? L’assenza di prospettive e scenari praticabili per costituie una identità riconoscibile nell’ambiente umano che conseguenza comporta nello sviluppo personale? Si direbbe che privare il giovane del futuro, comporti mortificare l’anima, il talento, la speranza, il desiderio di migliorarsi e di costruire una identità. Quando un giovane percepisce un'attività privata del suo scopo ciò significa privare chi vi prende parte di un vero rapporto con il futuro, e, senza futuro, l'agire si muove in quell'orizzonte senza tempo che si muta in un agire senza senso, a vuoto, pura risposta alle richieste dell'apparato. E ciò non è dissimile dalla rigida risposta che ogni animale offre agli stimoli che provengono dal suo ambiente esterno.
Quando massima è la forza biologica, emotiva e intellettuale dei giovani (tra i quindici e i venticinque anni), questi giovani vivono parcheggiati in quella terra di nessuno in cui la famiglia non svolge più alcuna funzione e la società alcun richiamo.
I giovani vivono il tempo come vuoto mentre l'identità non trova alcun riscontro, nessun senso di sé, si smarrisce, l'autostima deperisce.
Ma che ne è di una società che fa a meno dei suoi giovani e della creatività? È solo una faccenda di spreco di energie o il primo sintomo della sua dissoluzione? Forse l'Occidente non sparirà per l'inarrestabilità dei processi migratori, contro cui tutti urlano, ma per non aver dato senso e identità e quindi per aver sprecato le proprie giovani generazioni.
Credo che i giovani oggi sembrano riconoscersi per il loro basso livello di autoconsiderazione, per la loro sensibilità precaria, incerta, gracile, introversa, indolente, per la loro inerzia provocata da un'eccessiva esposizione agli influssi della televisione, dalla comunicazione globale e di Internet. Immersi in un universo che non offre occasioni e scenari praticabili per costruirsi un futuro sembrano esser posseduti da un'unica preoccupazione costante: procurarsi un'incredibile quantità di tempo libero per assaporare fino in fondo l'assoluta insignificanza del proprio peso epocale, per provare l’ebbrezza del non aver un orizzonte certo, per non aver un futuro praticabile. Di qui le frequenti fughe, forse, nella rete, nell’era virtuale del social network, nei rapporti invisibili, nel sogno e nel mito. Un viaggio privo di slanci già alla partenza.
Un viaggio in un'identità venata dalla nostalgia relativa all'impossibilità di reperire radici proprie, una base esistenziale, una identità solida. Per questi giovani le cose del “mondo” sono fuori nell’universo e a disposizione prima ancora di averle desiderate. Sono al limite del sogno e della speranza, alla portata di un mouse. Ma su questa tipologia nuova di inerzia, caratterizzata da una rassegnazione contenuta descritta come "tipologia degli abbastanza" (con riferimento a quei giovani che vanno abbastanza d'accordo con i loro genitori, i quali concedono loro abbastanza libertà, etc.) si può intervenire con strumenti psicosociali oppure occorre affidarsi alle istituzioni tradizionali (scuola, famiglia, parrocchia, ecc.)? Insomma quali prassi sono possibili, quali strumenti critici e forme di relazioni umane possono servire. Si coglie così la portata del danno che gli adulti, a livello generazionale, hanno saputo creare in questi anni. Adulti che hanno, senza neanche minimamente cogliere la portata del fenomeno giovanile, delegato ad altri oggetti e forme, la responsabilità di creare dei legali sociali e umani. Una generazione di adulti che hanno sperimentato i processi di delega nei rapporti con i giovani, i figli, fuoriuscendo dal ruolo di educatori attivi, responsabili, critici, rigorosi.
E, allora, pare a tratti anche ovvio che i giovani hanno abbastanza voglia di diventare precocemente adulti anche se, a tratti, non troppo in fretta. Vogliono fuoriuscire dal quel mondo che vivono male, che hanno “letto” male, che hanno sperimentato osservando i genitori, tutti gli errori dei genitori distratti dal nuovo processo globale delle relazioni umane. Nessun progetto per il futuro anche perché non ci sono abbastanza opportunità, nessun ideale da realizzare perché non ce ne sono di abbastanza coinvolgenti.
Ma questi giovani hanno un peso e una valenza di mercato prima ancora che di identità. Sono oggetti da perseguire per il mondo dei consumi. Su di essi si concentrano le nuove aree di profitto e la pubblicità, la produzione dell'abbigliamento e le agenzie di viaggio e, soprattutto l'industria del divertimento. Molti genitori e molti insegnanti neppure s'accorgono che quei giovani non avvertono alcuna corrispondenza tra quanto si apprende e quanto s'intravede nella vita di fuori. A nessuno è data la possibilità di scegliere l'epoca in cui vivere, né la possibilità di vivere senza l'epoca in cui è nato, non c'è uomo che non sia figlio del suo tempo e quindi in qualche modo omologato.
Accade però che, rispetto alle epoche che l'hanno preceduta, la nostra è la prima a chiedere l'omologazione dei giovani e a costringerli a vivere in una terra di mezzo, una area di parcheggio rispetto al viaggio del destino.
Il "vuoto" conduce al nichilismo e alla speranza delusa circa la possibilità di reperire un senso, un percorso possibile. Si tratta di una inerzia in ordine a un produttivo darsi da fare. Si tratta di vivere in un contesto di sovrabbondanza e opulenza di stimoli “globali”, che conducono ad uno stato, a tratti, di anestesia sociale, di indifferenza di fronte alla gerarchia dei valori. Uno stato di noia senza poesia e di incomunicabilità.
Tutti questi fattori scavano un terreno dove prende forma quel genere di solitudine che non è la disperazione ma una sorta di assenza di gravità di chi si trova a muoversi nel sociale come in uno spazio in disuso.
Nascono da qui gesti e mode giovanili che non diventano stili di vita, costrutti, strade di idee innovative ma piccole azioni che si esauriscono nei gesti “inutili” per l’anima, progetti di vita che si dileguano velocemente tra i sogni, tappe inconcluse di un eterno disordine umano. Dr. Giuseppe Errico.