lunedì 28 dicembre 2009

LA RI-SCOPERTA DELL’ORGANIZZAZIONE PROFESSIONALE (3° Parte)

È da osservare, poi, che le burocrazie professionali operano in ambienti molto complessi ma relativamente stabili, almeno fino al punto di consentire la standardizzazione delle capacità richieste. Quest’aspetto è particolarmente cruciale se si pensa alle caratteristiche di innovatività richieste al lavoro degli insegnanti in una scuola e in una società altamente dinamica e, anzi, ciò rimanda alla opportuna osservazione su “le due velocità del dibattito, da un lato abbiamo le indicazioni di carattere organizzativo, di immediata attuazione, rivolte al management scolastico, dell’altro alcune proposte, difficili da tradurre sul piano concreto, sull’organizzazione e trasmissioni di sapere tradizionali e nuovi” (cfr. Frassari, infra CAP, I).Emerge così l’altro grosso problema delle burocrazie professionali, quelle dell’innovazione, che non può essere risolto attraverso il solo meccanismo di coordinamento della standardizzazione delle capacità, ma richiede “l’adattamento reciproco”, premessa come si vedrà tra bere anche di quelle condizioni di apprendimento organizzativo che possono ri-potenziare la componente professionale della scuola in un modello non burocratico e non individualista (Rait, 1995; Shedd, Bacharach, 1991; Tomassini, infra). Il tal senso il management della burocrazia professionale per promuovere/supporre una tensione anche in favore dell’innovazione e di una efficace presa in carico dell’incertezza/complessità (si pensi all’annosa questione della ricerca e delle sperimentazioni nella scuola, così come del resto anche nell’università), dovrebbe imboccare la via che porta verso un redesigning dell’organizzazione con un modello maggiormente flessibile e dinamico, “post-fordista” come direbbe Biggiero (CAP. 6). [Estratto dal libro "Organizzare la scuola dell'autonomia" di L. Benadusi e R. Serpieri]

venerdì 25 dicembre 2009

RIFLESSIONI DELL'UOMO DI STRADA

Ho iniziato l' attività di orientamento il giorno 16 novembre 2009, l' attività viene svolta su 4 terze della scuola media Pascoli II e la sua succursale. Dalla poche attività fin qui svolte la cosa che maggiormente mi ha colpito, anche se si tratta di una visione superficiale che non vuole avere alcuna valenza scentifica, è questo continuo riferimento alla famiglia e ai figli, infatti tranne pochi ragazzi quando abbiamo chiesto loro con un "gioco" di rappresentare con una immagine il loro futuro, per la stragrande maggioranza l' immagine scelta è stata quella dei figli e della famiglia. Sapevo che l' elemento della famiglia e figli sarebbe stato molto gettonato, partendo dal mio punto di vista mi aspettavo che i maschi avessero maggiori ambizioni rispetto alla femmine a cui viene in certi contesti culturali maggiormente precluso la possibilità di lavoro e di carriera, insomma mi aspettavo che un ragazzo di 13 avesse dei grandi sogni e ambizioni. Alla base della mia formazione due concetti di fondo mi hanno accompagnato lungo tutto il mio percorso di studi, il relativismo culturale e l' empatia, il mettersi nei panni dell' altro, oggi questi due concetti li sento ancora più forti e so che potranno essere la chiave che mi permetterà una più amplia comprensione di quelli che generalmente vengono etichettati come "ragazzi difficili" a cui spero di poter dare degli input positivi. Dr.Giuseppe De Costanzo

venerdì 11 dicembre 2009

LA RI-SCOPERTA DELL’ORGANIZZAZIONE PROFESSIONALE (2°Parte)

Un primo livello di considerazione, pertanto, potrebbe essere così enunciato con riferimento del tutto particolare al caso italiano: i processi di formazione che hanno portato alle attuali capacità standardizzate degli insegnanti (gli stessi percorsi di studi universitari) e i criteri e le procedure di selezione degli stessi sono stati sin qui adeguati? Alle lacune fatte registrare, di cui emblematica la totale assenza di una formazione sui metodi anziché solo sui contenuti dell’insegnamento per tutti gli insegnanti della suola secondaria, è stato possibile ovviare almeno in parte della cosiddetta formazione sul lavoro o con altri percorsi di aggiornamento professionale o col riferirsi a scambi favoriti dalla collegialità delle associazioni professionali? Le notazioni di Consoli (infra CAP. 4) non sono per la verità molto confortanti sulle vicende della scuola italiana pre-autonomia e, d’altro canto offrono indicazioni preziose sulle direzioni in cui muoversi proprio per rafforzare la componente professionale, innanzitutto nelle competenze effettivamente praticate, del lavoro degli insegnanti nel nostro sistema d’istruzione.

Va ricordato che le burocrazie professionali ben si adattano ad ambienti organizzativi che richiedono poco coordinamento, che sono, come si è usi dire ricorrendo ad un’altra nota metafora elaborata dal pensiero organizzativo di questo tipo per diverse ragioni. Innanzitutto perché il suo compito era la trasmissione di sapere disciplinare che poteva procedere, come lo stesso Mintzberg notava per le università, attraverso un modello organizzativo “ad alveare”, dove cioè ad ogni buco corrisponde un insegnamento del tutto separato ed in comunicante con l’altro. Non a caso erano proprio gli unici tipi di scuola – la materna e l’elementare – cui erano assegnate finalità più ampie, educative e non solo istruzionali, a presentare il più elevato livello di coordinamento e di distaccarsi in modo più pronunciato dal modello della burocrazia professionale. Un’altra ragione era nella rinuncia della parte dell’istruzione scolastica ad assumere funzioni di attivazione e cambiamento del contesto, per esempio ad emanciparsi dai ruoli di pura e semplice riproduzione delle disuguaglianze sociali e di mero adattamento ai mercati del lavoro locali. Effettuata questa scelta, per disimpegnare i compiti esercitati dalla scuola bastava una organizzazione debole e sostanzialmente subalterna. [Estratti dal libro "Organizzare la scuola dell'autonomia" di L. Benadusi e R. Serpieri]

venerdì 4 dicembre 2009

CONVEGNO: SAPERE OGGI PER ESSERE DOMANI



POCHI MINUTI DELL'INCONTRO CONVEGNO CON ALCUNE
RIPRESE SULLA MOSTRA FOTOGRAFICA.

giovedì 26 novembre 2009

La ri-scoperta dell’organizzazione professionale (prima parte)

La modellistica della teoria organizzativa, ma anche la sociologia, ha da sempre collocato la scuola tra le organizzazioni che si caratterizzano per l’impiego di una particolare categoria di lavoratori, i cosiddetti professionals, che si distinguono per alcune specifiche caratteristiche, di cui almeno le più rilevanti sono: una solida base di conoscenze tecnico-specialistiche; percorso formali di accreditamento di tali conoscenze; la presenza di associazioni professionali alla cui appartenenza è spesso legata la possibilità di esercizio della professione; l’adozione di elaborati – e più o meno formalizzati – codici deontologici spesso accoppiati ad importanti aspetti vocazionali; uno spiaccicato senso di autocontrollo che si traduce, laddove la professione venga esercitata non liberamente sul mercato ma alla dipendenze di una qualche organizzazione, in pressanti richieste di autonomia nell’esplicazione del ruolo; un più che discreto livello di prestigio sociale e di reddito. Anche se non manca chi ha visto nella scuola piuttosto una configurazione dualistica derivante dall’ibridazione e dalla giustapposizione del modello della burocrazia professionale e di quello della burocrazia meccanica che realizza il coordinamento attraverso la standardizzazione dei processi, cioè attraverso la conformazione a regole procedurali formalizzate imposte dal centro del sistema. (cfr., ad esempio, Consoli, 1999). […]

Una dei principali parametri di progettazione per questo tipo di organizzazione è rappresentato, per tanto, dalla formazione e dall’indottrinamento anche se per i professionisti l’apprendimento delle competenze e l’interiorizzazione dei valori, della deontologia, professionale avvengono già per larga parte prima (di solito all’università) dell’ingresso in una organizzazione specifica. Una volta, comunque, avvenuto l’ingresso in una organizzazione, questa dovrà farsi carico di garantire le chances di prosecuzione dell’attività formativa sia favorendo, per parafrasare Mintzberg, l’apprendimento reciproco sul campo, tra professionisti sia predisponendo spazi e momenti a ciò esplicitamente deputati. […]

Va ricordato che le burocrazie professionali bene si adattano ad ambienti organizzativi che richiedono poco coordinamento, che sono, come si è usi dire ricorrendo ad un’altra nota metafora elaborata dal pensiero organizzativo proprio con riferimento alla scuola “a legame debole” o “lasco” (Weich, 1976). [Estratti dal libro "Organizzare la scuola dell'autonomia" di L. Benadusi e R. Serpieri]

giovedì 19 novembre 2009

Organizzare la scuola dell’autonomia

Premessa: la scuola come organizzazione? “Quella è una buona scuola”; affermazioni simili, frutto della nostra – come genitori, come insegnanti, come presidi, come studenti, ecc. – “realtà intellettuale”, potrebbero farci comprendere come individuare i caratteri organizzativi che definiscono una scuola piuttosto che un’altra come, appunto, una “buona scuola”. Tale operazione, tuttavia, appare molto più complessa in virtù della contingenza dei criteri di interpretazione, definizione e valutazione che, in alcuni casi, spingono persino a negare alla scuola lo stesso statuto di organizzazione. Non a caso, probabilmente, ancora sul finire dgli anni Ottanta, nel dibattito italiano si è ritenuto pertinente titolare un volume La scuola come organizzazione (Romei, 1986), quasi a rimarcare la necessità dell’introduzione di un “altro” punto di vista per leggere la scuola. Così come, anche nel 2000, ci sono avvertiti autori che tengono a distinguere in modo alquanto sofisticato questo punto di vista e a sottolineare, se non la completa infondatezza, almeno una sua consistente parzialità (Lichtner, 1999). La scuola, viene così enfatizzato, non è solo un’organizzazione, ma è anche un’istituzione rilevante – tutt’oggi – per la riproduzione socio culturale, la cui specificità risiede, peraltro, nel grado di autonomia relativa del suo campo comunicativo e discorsivo e dei principi educativi che la interessano in un dato contesto sociale (Tyler, 1988). Ciò rimanda, come è noto, alla questione della, per così dire, tecnologia pedagogica in buona misura indipendente, slegata, dalle caratteristiche formali della struttura organizzativa, più soggette alle pressioni isomorfiche dei diversi ambienti istituzionali (Mayer, Rouen 1977). Un’attenzione, quindi, al versante organizzativo delle istituzioni scolastiche dovrebbe tenere nel debito conto alcune necessarie cautele interpretative che derivano dalle seguenti considerazioni: 1. La scuola è una istituzione che può essere organizzata in varie forme […]. 2. Tra queste forme quella imprenditoriale può essere anche del tutto rigettata o accolta anche in solo in parte […]. 3. In quanto costruzione sociale la scuola, così come qualsiasi altra organizzazione, ivi comprese quelle più “razionali”, come la burocrazia weberiana e l’impresa taylorista-fordista, non può risultare esente da interpretazioni che tengano conto della letterale esplosione della cosiddetta teoria organizzativa […]. 4. La scuola forse più che altri tipi di organizzazione è una realtà eminentemente intellettuale […]. Parte dell’introduzione del libro a cura di Luciano Benedusi e Roberto Sarpieri.

lunedì 2 novembre 2009

Prof. dr. Guido Pesci - Relazione al Convegno

“ Sapere oggi per essere domani”

L’educazione dei giovani e la dispersione scolastica”

Ringrazio l'Associazione Arcipelago Onlus e il Distretto Scolastico Statale 29 di Casoria per avermi invitato a questo Convegno su: "Sapere oggi per essere domani" che nasce come occasione di analisi e di riflessione sulle prassi seguite nella conduzione del Progetto sociale “La Strada Maestra contro la dispersione scolastica e il disagio minorile”.

Il direttore scientifico dottor Giuseppe Errico ha ben esposto la storia di tale percorso ed i primi risultati con i dati ottenuti. Egli è da ammirare per aver evitato l’assistenzialismo sociale ed essersi mosso verso un intervento rivolto a stimolare volontà e impegno. Un percorso sicuramente non facile in cui immagino non saranno mancate le difficoltà da parte degli operatori che hanno avviato le consulenze psicosociali, condotto i corsi sulla genitorialità, seguiti i minori svantaggiati o che si sono impegnati nel disalimentare il bullismo e la dispersione scolastica.

Le difficoltà sono assai spesso legate alla scarsa professionalità, in troppi si spingono ad esempio in consulenze psicosociali e nella conduzione di corsi sulla genitorialità dichiarandosi ostili ai tentativi di inibire, dominare, controllare o dirigere ma, nonostante ciò continuano ad alimentare gli spazi di silenzio con domande e affermazioni, con spiegazioni e conclusioni, pronti a interrogare per rispondere con approvazioni o dinieghi. Operatori che si propongono come servus, con un “lasciati servire”, con l’intento di plasmare la vita degli altri, convinti di possedere risposte per incoraggiare e dare consigli, orientare, indirizzare, guidare, condurre…, suggerire servendosi di ciò che è scritto su di un copione autentico che portano con sé, cercando di organizzare alla persona un loro schema di vita. Un principio di sovranità con l’utilizzo di parole-farmaco che sottovaluta perfino ciò che diceva Cleobulo: “ascoltare è meglio che parlare molto”, oppure il motto “non mi dare consigli so sbagliare anche da solo”.

Operatori dimentichi che la persona non ha bisogno di un insegnante tecnico, né tanto meno di essere influenzata da altri, essa ha bisogno di essere aiutata a riflettere e con ciò giungere a scoprire in se stessa e da se stessa le forze necessarie per superare lo stato di inerzia psichica, per destarsi positivamente alla vita, quel desiderio di vita che è essenzialmente desiderio di felicità. Un offrire alla persona l’opportunità di riflettere, imparare a conoscersi e servirsi dei mezzi che possiede per difendersi e conquistare il dominio sulle circostanze ambientali, in luogo di esserne schiavo e spesso anche la vittima. La persona quindi deve essere aiutata nella riflessione e giungere a conquistare il cosciente possesso di sé, di cui deve essere l’artefice esclusivo, reggere il timone della sua barca ed imparare ad orientarla sul mare mosso della vita, tra scogliere palesi o nascoste, tra banchi di sabbia, gorghi traditori e correnti contrarie; perciò capace di fare l’analisi sulle origini dei propri disagi e trovare i mezzi per porvi rimedio.

Il problema è la formazione educativa dell’operatore, l’abilità e disponibilità a saper sviluppare nell’altro la riflessione, quell’arte nobilissima per la quale l’uomo impara a pensare, a scegliere i propri pensieri e a farne idee forza, idonee ad accrescere e organizzare l’azione del proprio volere, il valore, l’intensità e l’utilità della sua vita personale. Chi è chiamato in aiuto deve perciò aiutare la persona a diventare padrone di sé, a tenere in mano le redini della propria volontà per dar modo di conoscersi, di misurare le proprie forze, rintracciare e conquistare un terreno prezioso sul quale camminare senza paura.

Bibliografia:

- G.Pesci, S. Pesci, A. Viviani, Reflecting, Magi, Roma 2003

- S. Pesci ( a cura di), Manuale di Reflecting, Magi, Roma 2005

- G. Pesci, A. Viviani, Il facile mestiere di genitore, Magi, Roma 2008

- G. Pesci, Il tavolo di cristallo, Magi, Roma 2008

- G. Pesci, Percorso clinico, Magi, Roma 2004

- G. Pesci, Pedagogia clinica, Magi, Roma 2008

Anche dagli operatori chiamati a supporto dei minori svantaggiati e di coloro che vivono l’insuccesso formativo ci aspettiamo che si prodighino con l’intento di favorire i bambini/ragazzi in difficoltà e che sappiano che ciò può trovare garanzia nel conoscerli. Un principio che già veniva espresso nel 1860, anno in cui si legge che “La scuola è fatta per la generalità e deve badare specialmente e con particolare cura ai tardi”. Un sentimento del conoscere per aiutare ampiamente reclamato anche dal Rousseau e che ha trovato nella scuola del 1900 approvazione ed utilizzo con la Carta Biografica su cui venivano annotate per ciascun allievo le notizie anamnestiche, rilevate le potenzialità, abilità e disponibilità.

Ebbene, dopo 100 anni, è stato sottratto all’insegnante la possibilità di diagnosticare od osservare l’allievo e con ciò persa la grande occasione di esplorare e interpretare ogni suo repertorio semiotico, ogni produzione segnica, leggere il barometro delle abilità e disponibilità, comprendere lo spelling delle emozioni e feeling, conoscerlo e apprendere ogni stato di necessità a cui dare risposte.

Oggi, gli allievi in difficoltà li abbiamo ridotti a sbrigative nosografie classificatorie (dislessico, disortografico, trisomico, disprattico…), puntando l’attenzione solo sul problema ed agire con interventi settoriali che risentono dei dettami patologico-terapeutici, dei principi dell’ortopedia psichica, della cultura sensoriale che, come afferma il Vygotskij, si affida ad una concezione puramente aritmetica dell’insufficienza ed è testimonianza di “anarchia pedagogica”.

Siamo giunti infatti a pensare di risolvere il problema destinando i soggetti in box: per chi si presenta con difetti di linguaggio: la terapia logopedica in box del linguaggio, chi con turbe dell’organizzazione motoria: la terapia psicomotoria in box della psicomotricità, indifferenti alla complessità delle esigenze della persona.

Con altrettanta banalità c’è chi pensa, specie nella scuola, di risolvere le difficoltà, i disordini, gli impacci e i disagi che un allievo testimonia e vive, affidandosi ad “esercizi”, all’utilizzo di “schede”, ad un “fare attività” facendolo stare seduto ad un banchino o ad un tavolo, chiedendogli perfino di ripetere ciò che non sa fare ( se non sa leggere si fa leggere), confermandogli con ciò, ogni volta la propria inadeguatezza; dimentichi che una persona non è un deficit, una disarmonia, una incapacità da misurare e poi emendare.

Per realizzare un intervento di autentico aiuto occorre conoscere ogni necessità e intervenire in risposta ai molteplici bisogni con metodi, tecniche e tecnologie agite con il criterio del dare nel fare. Un impegno che richiede di non obliare gli effetti stimolatorio-tattili, propriocettivi, dialogico-tonici, sonori e fono-articolatori, tonematici, le modalità relazionali, posturali, mimico-espressive e coreografico-fonetiche, come pure i contributi delle nuove tecnologie cromatiche e psicocibernetiche, il suffragio delle immagini mentali e delle fantasmagorie… e si potrebbe continuare… stimoli diversi e multipli da cui la persona in sofferenza fisica, psichica ed emotiva può trovare le soddisfazioni che attende.

Bibliografia:

- G. Pesci, M. Mani, Prismograph, Magi, Roma 2001 (2° edizione)

- G. Pesci, S. De Alberti, Educromo, Magi, Roma 2006 (3° edizione)

- G.Pesci, M. Mani ( a cura di), Metodi e tecniche dialogico corporee, Edizioni Scientifiche Isfar, Firenze 2008

- A. Pesci, Metodo INterArt, edizioni Scientifiche ISFAR, Firenze, 2005

-G.Pesci ( a cura di), Edumovement, Edizioni Scientifiche ISFAR, Firenze 2008

Ed ancora, quali operatori per fronteggiare il bullismo e la dispersione scolastica? Altri temi scottanti che in tanti vogliono far passare per nuovi mentre già nel 1900 si sosteneva di dover “ovviare all’allontanamento puro e semplice dalla scuola dei refrattari al regime scolastico, così pure di impedire l’abbandono nella scuola dei soggetti che vanno a costituire l’intera zavorra”. Riconosciuto che il problema non è nuovo, otre a cercare di enucleare ciò che non si è fatto, occorre chiedersi cosa c’è da fare e si può ancora fare e come prepararsi per saper stare in relazione a queste componenti in disagio, come saper sostare sapientemente in dinamica e saper condurre un gruppo. Già si contano in molti gli operatori coinvolti nel risolvere i problemi del bullismo e della dispersione scolastica e c’è da chiedersi quanti fra questi sono coloro che hanno avuto una opportuna formazione per conseguire la disponibilità al rapporto e garantire stimoli idonei allo scambio e alle intese, e quanti sono invece ancora limitati allo spontaneismo, alle buone intenzioni o capaci perfino di pensare che siano abilità implicite di ogni educatore.

Sapersi relazionare in una dinamica educativa non solo significa essere abili nell’interpretare ogni comunicazione che la persona invia per mezzo del repertorio semiotico, della produzione segnica, della rappresentazione posturale, della polisemia tattile-corporea, di quel sofisticato strumento tonematico, ma anche saper esplorare i significati narrativi in ogni loro funzione semantica e sintattica.

La persona si propone a noi come un testo che narra di sé, un libro che ci offre in lettura il campo semantico delle passioni, delle sensazioni ed emozioni o feelings, espresse con i segni della meraviglia, dell’ammirazione, del desiderio, della tristezza…ogni atteggiamento, ogni movimento, abitudine, stato di malessere o di benessere, armonia o mancanza di equilibrio, ogni modo accanito utilizzato per affermarsi o per difendersi, e che l’operatore, per stare in dinamica, deve saper leggere sostanziato da un valido equilibrio psico-emozionale al fine di tradurre nell’allievo una positiva intesa e una abilità allo scambio.

E’ certo che un educatore nevrotico favorirà la costruzione di personalità nevrotiche, l’ansioso porterà la persona a considerare il mondo come un luogo pieno di pericoli generando alterazioni comportamentali, l’insicuro forgerà persone incerte e dipendenti.

Disequilibri personalogici saranno altresì prodotti dall’utilizzo di classificazioni come: svogliato, trasgressivo, disattento, cialtrone, ribelle, immotivato, vandalico, fannullone, maligno, distratto, passivo, capriccioso, negligente, asociale, insolente, indisciplinato, infantile, pigro, disubbidiente, assai frequenti in contesti che si definiscono educativi.

Né la persona sarà favorita nel suo sviluppo affettivo e nella sua disponibilità al rapporto, dalle minacce, dalle derisioni, dalle punizioni, dalle parole aspre e dalle umiliazioni, del resto sappiamo bene quanto le minacce incidono sulle disponibilità diminuendo la confidenza e la fiducia, e le punizioni, essendo una barbarie, siano sempre dannose adatte solo a creare una frattura tra l’allievo e l’operatore. L’umiliazione crea risentimento, colui che inciampa non dovrebbe essere calpestato ma aiutato a rialzarsi, le parole aspre e la derisione possono solo offendere il prestigio dell’allievo…

Tutto questo può essere evitato solo se l’educatore avrà assunto abilità e disponibilità a vincere disagi, freni e inibizioni, acquisito una buona conoscenza e consapevolezza di sé, rintracciata e fatta propria una equilibrata stabilità emotiva ed una necessaria capacità professionale. Un educatore che desista di cercare la soluzione nell’ istruzione ed assuma consapevolezza che solo l’educazione e perciò una diversa formazione degli educatori, realizzata con nuovi metodi e diverse tecniche può cambiare le sorti dei nostri figli.

Bibliografia:

- G. Pesci, Percorso clinico, Magi, Roma 2004

- G. Pesci, Pedagogia clinica, Magi, Roma 2008

- S. Pesci e al., Interventi clinici, Armando, Roma 2009

lunedì 19 ottobre 2009

Convegno: Sapere oggi per essere domani

Si è svolto il 15 ottobre alle ore 9.00 presso il Distretto Scolastico Statale 29 di Casoria (Na) il convegno nazionale sul tema della dispersione scolastica e l’educazione dei giovani “Sapere oggi per essere domani” organizzato dall’Associazione Agenzia Arcipelago Onlus e dal Distretto Scolastico Statale 29 di Casoria. Tale manifestazione, coordinata dal professore Francesco Palladino e lo psicologo Giuseppe Errico, ha visto la partecipazione di circa 300 persone tra studenti, ragazzi, genitori, dirigenti scolastici, docenti, operatori.

Il convegno rientrava nelle attività istituzionali del progetto La Strada Maestra contro la dispersione scolastica e il disagio minorile finanziato dalla Fondazione per il Sud di Roma nell’ambito del bando sull’educazione dei giovani (2007). All’evento hanno parteciperanno il professore Guido Pesci, pedagogista clinico dell’Università di Siena, il professore Francesco Palladino del 29 Distretto Scolastico di Casoria, il dottor Pietro Ferrari Bravo della Fondazione per il Sud di Roma, il dottor Giuseppe Errico, psicologo, il dottor Espedito Pistone della Provincia di Napoli, il dottor Stefano Ferrara, sindaco di Casoria, il dottor Pasquale Sollo, sindaco di Casavatore e il commissario prefettizio del Comune di Arzano nonché numerosi assessori all’istruzione e alla cultura del territorio della Provincia.

Il dottor Espedito Pistone, dello staff della Presidenza della Provincia, aprendo i lavori, ha relazionato sulle attività rivolte ai minori svantaggiati che la Provincia di Napoli intende attuare nei prossimi mesi sul territorio provinciale. Il dottor Pietro Ferrari Bravo ha illustrato i compiti istituzionali della Fondazione per il Sud che si occupa di promuovere l’infrastrutturazione sociale del Mezzogiorno e sostenere le strutture immateriali per lo sviluppo sociale, civile ed economico dell’Italia meridionale. La Fondazione per il Sud è un ente morale nato nel novembre 2006 dall’alleanza tra le fondazioni di origine bancaria e il mondo del terzo settore e del volontariato.

Nell’ambito delle attività istituzionali la Fondazione individua e stimola le tante energie buone presenti nel territorio, favorendo il consolidamento di reti capaci di supportare processi di auto-sviluppo, in cui le organizzazioni di volontariato e di terzo settore possano giocare un ruolo strategico.

Il dottor Ferrari Bravo ha infine illustrato gli ambiti di intervento dell’ente, quali l’educazione e la formazione dei giovani; la cura e valorizzazione dei beni comuni; la mediazione culturale e l'accoglienza/integrazione degli immigrati; lo sviluppo, qualificazione e innovazione dei servizi socio-sanitari.

Successivamente il professore Giuseppe Palladino ha narrato del modello di intervento integrato di rete che mira, non tanto a forme di assistenzialismo sociale, bensì a responsabilizzare gli enti del territorio e gli operatori a lavorare in rete, a sostenere docenti, genitori e minori nei percorsi di didattica.

Il professore Guido Pesci ha posto l’accento sull’importanza della formazione per il rafforzamento della rete sociale e delle istituzioni (servizi sociali, parrocchie, etc.) mettendo in guardia contro i pregiudizi legali allo stereotipo “ragazzo deviante”.

L'incontro è stato un’ occasione per incontrare i giovani che partecipano alle iniziative del progetto, per interagire con loro, per riflettere sulla condizione sociale dei giovani nella Provincia di Napoli, sul territorio, sulle opportunità e le carenze esistenti in tema di politiche giovanili, per analizzare le prassi contro la dispersione scolastica.

Il dottor Giuseppe Errico, promotore dell’iniziativa curata dall’Associazione Agenzia Arcipelago e direttore scientifico del progetto La Strada Maestra ha posto l’accento sulla questione fondamentale della rete sociale ovvero sulla possibilità (o meno) di creare dei legami tra enti, esperienze, operatori, al fine di costituire, nel concreto, una operatività “multiaccadimentale” che, oltre a prevenire forme di disagio sociale, punti a creare una “cultura della normalità, per sostenere il difficile compito di educatori, docenti e operatori sociali. Inoltre ha illustrato i risultati statistici del primo anno del progetto della Fondazione per il Sud e delle sei azioni previste dal progetto e messe in campo nel territorio della Provincia di Napoli e Caserta (consulenze psicosociali, corsi sulla genitorialità, prassi di accompagnamento sociale, laboratori sul volontariato, corsi di orientamento e di informatica per operatori sociali). Tali risultati ottenuti durante la prima annualità del progetto (circa 500 partecipanti tra genitori, ragazzi a rischio sociale, operatori sociali e del volontariato e docenti) sono stati possibili grazie al lavoro di rete con gli organismi del partenariato pubblico/privato (Scuola Secondaria di I Grado G. Ungaretti di Teverola, 29 Distretto scolasatico di Casoria, III circolo didattico di Casoria, 15 Direzione didattica di Orta di Atella, Istituto G. Marconi di Giugliano in Campania, Istituto Comprensivo Pascoli 2 di Napoli, Istituto statale E. Sereni di Afragola, Associazione di volontariato Aaquas, Associazione di volontariato Aias, Cooperativa Sociale Poiein, Cooperativa Sociale Solidary H, Cooperativa Sociale Auxilia, Associazione Prime, Associazione di volontariato Cat Missione, Associazione di volontariato Banda Don Bosco, Cooperativa Sociale Novella Aurora). Il progetto in corso d’opera si attua nelle città di Afragola, Arzano, Casavatore, Casoria, Teverola, Orta di Atella, Giugliano in Campania e Napoli (quartieri di Scampia, Secondigliano).

Nell'ambito della manifestazione è stata allestita la mostra fotografica Dalla strada alla scuola, curata da Giuseppe Errico e Antonio Caiafa, documentativa delle attività svolte nella prima annualità del progetto. Inoltre è stato distribuito ai ragazzi presenti il fumetto Perso e Ritrovato ideato da Angela La Torre e illustrato dall’artista bolognese Francesco Guerrini, che tratta il tema della prevenzione della dispersione scolastica. Ha moderato il dibattito il professore Francesco Palladino, presidente del Distretto Scolastico Statale 29 di Casoria (Na).

ANGELA LA TORRE

mercoledì 16 settembre 2009

Convegno: Sapere oggi per essere domani - Casoria (Na) 15 ottobre 2009

Il 15 ottobre alle ore 9.00 presso il Distretto Scolastico Statale 29 di Casoria (Na) si svolgerà il convegno nazionale "Sapere oggi per essere domani" organizzato dall'Associazione Agenzia Arcipelago Onlus e dal Distretto Scolastico Statale 29 di Casoria, rivolto a genitori, docenti, studenti, ragazzi, operatori.
Il convegno nazionale rientra nelle attività istituzionali del Progetto sociale La Strada Maestra contro la dispersione scolastica e il disagio minorile finanziato dalla Fondazione per il Sud nell¹ambito del Bando sull'educazione dei giovani (2007). All'evento parteciperanno Sindaci, Assessori, dirigenti scolastici, genitori, psicologi, cittadini, studenti, giovani e operatori sociali.
L'incontro vuole essere un'occasione di riflessione ed analisi sulle prassi contro la dispersione scolastica nonché un momento d'incontro per restituire al territorio i risultati ottenuti durante la I annualità del progetto La Strada Maestra dell'Associazione Agenzia Arcipelago Onlus nei vari istituti scolastici coinvolti. Il progetto prevede il rafforzamento e l'implementazione di un partenariato sociale già esistente in alcuni territori a rischio. Tale partenariato, esistente prima del progetto e a partire dagli ultimi tre anni, vede la partecipazione attiva al progetto stesso di circa sedici enti tra istituti scolastici (Scuola Secondaria di I Grado G.Ungaretti di Teverola, Distretto Scolasatico 29 di Casoria/Istituto Gandhi, III circolo didattico di Casoria, Direzione didattica di Orta di Atella, Ipsa Marconi di Giugliano, Istituto Comprensivo "Pascoli 2" di Napoli, Istituto statale Sereni di Afragola) ed enti del terzo settore (cooperative e organismi del volontariato) che operano a Napoli e nelle Provincie di Napoli e Caserta (Aaquas, Associazione Aias, Cooperativa Sociale Poiein, Cooperativa Sociale Solidary H, Cooperativa Sociale Auxilia, Associazione Prime, Associazione Cat Missione, Associazione Banda Don Bosco, Cooperativa Sociale Novella Aurora). Il progetto contro la dispersione scolastica e il disagio minorile è sostenuto dalla Fondazione per il Sud (Bando 2007 Educazione dei giovani) e si attua nelle città di Afragola, Arzano, Casavatore, Casoria, Teverola, Orta di Atella, Giugliano in Campania e Napoli (quartieri di Scampia, Secondigliano). Duranti i lavori il direttore scientifico (dottor Giuseppe Errico) ci narrerà la storia di tale percorso di rete ed i primi risultati e dati ottenuti, ma anche le difficoltà e le potenzialità del progetto. Un progetto che adotta un modello di intervento integrato di "rete" che mira non tanto a forme di assistenzialismo sociale ­ bensì a "responsabilizzare" gli enti del territorio e gli operatori a lavorare in rete, a sostenere docenti, genitori e minori nei percorsi di didattica, a consolidamendo le rete sociale esistente delle istituzioni (servizi sociali, parrocchie, etc.), a inventare nuove prassi per il successo scolastico dei giovani valorizzando una strategia integrata che accolga l¹aiuto e il lavoro importante di docenti (consulenze psicosociali), che sostenga i genitori (corsi sulla genitorialità), che valorizzi e motivi il difficile lavoro degli operatori giovani (corsi sul volontariato), che offra strumenti ai giovani nel campo della comunicazione globale (corsi di informatica, orientamento e formazione, consulenze), che aiuti tutte quelle figure professionali e del volontariato locale a sostegno dell'istituzione scolastica.
La sperimentazione praticata ha previsto un costante impegno, contatto e supporto ai dirigenti scolastici/docenti, ai genitori, agli operatori sociali, ai minori svantaggiati. Si è tentato di supportare la didattica e il territorio, stimolando ad operare in rete, di creare legami, di sostenere genitori nel difficile compito educativo, di stimolare gli operatori, di creare una "comunità educante" al fine di poter gestire le dinamiche interne/esterne alla scuola. In particolare si è tentato di prevenire e affrontare i fenomeni del bullismo e della dispersione scolastica o insuccesso formativo. Si è tentato di favorire l'incontro tra la scuola, i genitori, la famiglia ed il territorio.
Nell'ambito della manifestazione sarà allestita la mostra foto-grafica "Dalla strada alla scuola", curata dal dr. Antonio Caiafa e il prof. Antonio Ciraci, documentativa delle attività svolte nella prima annualità del progetto. Inoltre ai genitori e ragazzi sarà distribuito ai ragazzi del territorio, genitori e ai docenti il Fumetto "Perso e Trovato" ideato da Angela La Torre e illustrato dall¹artista bolognese Francesco Guerrini, che tratta il tema della prevenzione della dispersione scolastica. Modererà il professore Francesco Palladino, presidente del Distretto Scolastico Statale 29 di Casoria (Na). FONDAZIONE PER IL SUD (con il sostegno)
ASSOCIAZIONE AGENZIA ARCIPELAGO ONLUS (Napoli) REGIONE CAMPANIA - ASSESSORATO ALL'ISTRUZIONE DISTRETTO SCOLASTICO STATALE 29 di Casoria (Na)FONDAZIONE PER IL SUD (con il sostegno)

martedì 15 settembre 2009

Sulle prassi per migliorare il proprio rendimento scolastico


La lotta alla dispersione scolastica è inserita - insieme al tema del rafforzamento degli apprendimenti - nel piano generale del progetto La Strada Maestra dell’associazione Agenzia Arcipelago Onlus, ente non lucrativo di utilità sociale. Per la complessità degli interventi trattati il lavoro svolto, sin d’ora, può rappresentare, per tutti coloro che operano a favore di ragazzi svantaggiati in ambito scolastico (ovvero per docenti e operatori del settore, studenti, formatori, esperti e per coloro si avvicinano allo studio della dispersione scolastica), un’utile strumento per un percorso sperimentale a rete contro la dispersione scolastica.
Un modello innovativo dalla strada alla scuola, di intervento sociale e orientamento per la prevenzione della dispersione scolastica che si attua in alcune città della Provincia di Napoli e Caserta. La proposta operativa è stata promossa dall’Assessorato all’Istruzione della Regione Campania (ente del partenariato) con il contributo della Fondazione per il Sud.
Il progetto, per la sua valenza culturale e sociale, è parte integrante delle attività educative e sociale organizzate nel corso degli anni dal soggetto attuatore (Agenzia Arcipelago Onlus) e dalle scuole aderenti. In particolare è di supporto alle attività di accompagnamento psicosociale, orientamento e accoglienza, supporto alla genitorialità e al mondo del volontariato.
La dispersione scolastica è connessa alle situazioni familiari in quanto contribuisce ad incrementarla, ad esempio se vi sono famiglie svantaggiate dal punto di vista economico. In realtà è un fenomeno che interessa sia le città ricche sia i paesi/quartieri poveri e riassume un insieme di manifestazioni negative all'interno del sistema scolastico: frequenze irregolari, bocciature, frequenti malattie, cambiamenti di sede e, strano a dirsi, casi di analfabetismo o di scarso apprendimento anche quando la scuola viene frequentata regolarmente.
La dispersione scolastica tuttavia non è un fenomeno nuovo e del nostro tempo: ciò che negli ultimi anni è cambiato è la prospettiva con la quale si affronta la questione della dispersione scolastica, luogo nel quale si concretizzano non solo i problemi individuali dei giovani e le disfunzioni del sistema scolastico, ma soprattutto gli squilibri del sistema sociale interno, del territorio, del contesto comunitario.
Per La Strada Maestra combattere la dispersione non significa unicamente assicurare la diffusione dell’istruzione, ma significa sostenere lo sviluppo della società, delle persone (cittadini), del terzo settore e dell’economia, riducendo la disparità e le disuguaglianze tra persona svantaggiate (o al limite), promuovendo i talenti, la passione, la diversità culturale e l’equità. Ciò significa, in sintesi, valorizzare la creatività, la motivazione personale, il capitale umano, il lavoro di rete territoriale, i talenti individuali, come valori aggiunti allo sviluppo di una knowledge society.
Anche per ciò la proposta dell’Associazione capofila Agenzia Arcipelago onlus può rappresentare un esempio di buona pratica da seguire per l’analisi/intervento della dispersione scolastica.
Il progetto La Strada Maestra con i suoi risultati rappresenta un caso specifico di prassi sulla popolazione studentesca e i giovani di alcune città della provincia di Napoli e Caserta.
Nella Provincia di Napoli e Caserta la dispersione scolastica è spesso causa di alcune piaghe sociali molto evidenti e spesso inserite nelle cronache locali: bullismo, violenza negli stadi, microcriminalità, droga.

Dal nostro punto di vista il problema può essere potenzialmente risolto o almeno attutito solo conoscendo le situazioni - tutte diverse tra di loro - che determinano questo fenomeno, così da aiutare i ragazzi della scuola dell'obbligo ad accrescere la stima in se stessi (Azione 1,2,3), a sviluppare le proprie potenzialità (Azione 2,5,6), a migliorare il proprio rendimento scolastico (Azione 2), a prevenire in generale l'abbandono della scuola (Azione 2).
In senso generale il lavoro sulla prevenzione dei fenomeni di dispersione scolastica ha riguardato gli alunni che si ritirano dagli istituti scolastici; non vengono valutati alla fine dell'anno scolastico per assenze dovute a motivi familiari; non vengono valutati per interruzione scolastica in corso d'anno per motivi sconosciuti alla scuola; non vengono valutati perché mai frequentanti, sebbene iscritti agli istituti scolastici.
Nei territori dove agiamo (Napoli, Provincia di Napoli, Provincia di Caserta) queste circostanze coinvolgono numeri altissimi di persone e coinvolgono interi nuclei familiari e non sempre svantaggiati.
In senso più ampio nel nostro caso la dispersione scolastica ha compreso tutti quei fenomeni che comportano: rallentamento del percorso formale di studio; inadempienze dell'obbligo scolastico, uscite in corso o a fine d'anno prima del raggiungimento del titolo di studio interno ai vari cicli. Non solo. Il concetto di dispersione scolastica comprendeva anche bocciature, l'avere effettuato assenze ripetute, frequentare irregolarmente, accedere in ritardo nel ciclo scolastico rispetto all'età normale, avere un basso rendimento e uscire dal percorso scolastico senza che alla frequenza corrisponda una qualità accettabile di istruzione ricevuta.
Tra le finalità del progetto abbiamo quindi rilevare i comportamenti di disagio, cercando di fornire percorsi di assistenza (azione 3 accompagnamento sociale, azione 1 consulenza psicopedagogica), percorsi di orientamento (azione 2) o di avvio al volontariato (azione 5) rispondenti al fabbisogno individuale, per prevenire e combattere il fenomeno della dispersione scolastica.
Questo progetto sperimentale sulla dispersione scolastica si è rilevato molto importante, anche se ha presentato dei punti di debolezza dovuta all’ampiezza del territorio di riferimento ove operare. La dispersione si attesta a livelli alti ed è compito della istituzione pubblica farsi carico della situazione dove si evidenzia anche il disagio sociale e culturale. Il progetto non può farsi carico delle carenze a livello scolastico sia di tipo organizzativo, che gestionale, che didattico-curriculare. Angela La Torre

venerdì 11 settembre 2009

LA STRADA MAESTRA DEL VOLONTARIATO

Parlare di volontariato nel sociale in Italia e, in particolare in Campania, è una impresa non facile, il Territorio è talmente massacrato dalla mala amministrazione che c' è spazio per qualsiasi attività che sostituisca lo stato nelle prestazioni sociali essenziali.
Il volontariato infatti spazia dal servizio sanitario alla cultura, dal sociale all’assistenza e chi più ne ha più ne metta. A tal fine e per formare nuovi operatori nel sociale, pertanto, abbiamo immaginato, di concerto con altri enti no profit, dei corsi sul volontariato (progettazione, interventi, lavoro di rete, ecc.). Alcuni di questi corsi e interventi sono terminati (Associazione Aaquas di Napoli/Scampia) altri sono tuttora in corso (Cooperativa sociale Poein di Afragola, Cooperativa sociale Novella Aurora di Giugliano, Cooperativa sociale Solidary H di Casoria).
Tramite le esercitazioni, le discussioni di gruppo, il racconto e l'analisi delle esperienze concrete di numerose associazioni di volontariato presenti sul territorio della Provincia di Napoli e Caserta si evidenzia la necessità di passare dal volontariato consolatorio a quello dei diritti. Quindi, un volontariato che non si limiti ad intervenire sulle singole situazioni di bisogno o malessere, ma che operi, anche e soprattutto, affinché le istituzioni assumano le iniziative occorrenti per prevenire in tutta la misura del possibile il disagio sociale, per evitare ogni forma di emarginazione e per garantire accettabili condizioni di vita ai soggetti deboli, in particolare a coloro che sono incapaci di autodifendersi: nuclei svantaggiati, minori privi di adeguato sostegno familiare, persone colpite da handicap, adulti affetti da patologie invalidanti.
Non si tratta di corsi e laboratori solo teorici ma pratici che mirano a stimolare un volontariato che agisca con efficacia a favore dei diritti delle fasce più deboli della popolazione. La nostra società è basata sul consumo. Tutti lavorano per guadagnare, cioè per avere i soldi sufficienti per assicurarsi beni e servizi. Dedicare quindi parte del proprio tempo ad un’attività priva di un guadagno immediato, risulta anomalo e originale.
Durante i vari corsi, ancora in atto, ci si è soffermati sul fatto che il volontario è estraneo alla mentalità comune di accumulo e di consumo esasperato. Educa invece al dono di sé e del proprio tempo, in una dinamica che rende più felici e realizzati, magari, di compensi in denaro. Certe volte il volontario deve anche affrontare rischi, vivere condizioni di isolamento dal “sistema”, come quando è impegnato in azioni umanitarie in zone a rischio. Spesso i territori dove è maggiore la disperazione, il disagio, l’esclusione e il bisogno, sono anche quelli dove è più frequente il rischio di sentirsi esclusi dal mondo. Accade infatti, talvolta, che l’azione del volontario non solo non è sostenuta e incoraggiata, ma è avvolta da indifferenza od ostilità da parte delle persone, delle istituzioni, dalla cultura. Angela La Torre, coordinatrice del progetto La Strada Maestra

giovedì 3 settembre 2009

Pensare l'educazione dei giovani.... fuori dai luoghi comuni.

E' importante considerare il mondo dell'educazione dei giovani non come una missione ma come un modo di comprendere il mondo da parte di chi, durante una fase importante di crescita, si avvicina sempre più al vasto universo degli adulti. Volendo affrontare alcune questioni, che da qualche tempo stiamo affrontando insieme a tanti operatori e docenti del progetto La strada maestra, possiamo elencare alcuni punti di cruciale importanza per le prassi adoperate. Si tratta di considerazioni che hanno il valore di mettere in moto interventi mirati e una consapevolezza in tutti coloro, come i nostri collaboratori, mirato all’attuazione di piccole azioni di prevenzione sociale.
I giovani di oggi, a differenza dei giovani di ieri, vivono una sorta di nichilismo epocale (Galimberti U., 2008), dentro di se stessi avvertono la presente di un ospite oscuro (la tristezza, la mancanza di prospettive future “certe”, ecc.) che toglie respiro, speranze: essi cercano un futuro che non appare facilemente neppure lontanamente all’orizzonte della loro attuale vita, vivono un’epoca di transizione dove i precedenti pilastri (“scuola”, “lavoro”, famiglia”) non hanno radici solide. Inoltre fanno sempre esperienze filtrate, mediate, difficilmente fanno esperienze dirette (e neppure amano molto il confronto fisico con gli adulti) di una determinata cosa. Essi, molto più spesso, fanno esperienze mediate da oggi innovativi e complessi:dalla Tv, dal computer, dai cellullari, ecc. Per esempio, se organizziamo una vacanza, prima ancora di andarci i giovani hanno già visto tutto in internet.
Pertanto uno dei punti operativi principali è di far passare costoro dall'esperienza mediata all'esperienza diretta dell'incontro ovvero portarli a vedere, a sperimentare concretamente la vita che accade giorno dopo giorno. Molti adulti non hanno ancora intuito che nei giovani vi è un forte bisogno di incontrare la vita, non solamente di leggerla o ascoltarla .
Per la prima volta nella storia umana viviamo in una società senza confini. Tuttavia però tutto questo ci conduce ad essere pieni di paure e di insicurezza. Il mondo senza limiti si divide in popoli ricchi e poveri. La nostra, malgrado il progresso delle nuove tecnologie, si presenta come una società tuttavia immobile:viene richiesto l’uso di un pensiero in libertà stando comodamente in poltrona, possiamo viaggiare da un cellullare ad un altro rimanendo tuttavia nello stesso spazio. Una comunicazione oltre i confini. Il corpo rimane immobile mentre il pensiero cerca orizzonti, idee ed emozioni.
E di fronte a questa situazione la direzione educativa da intraprendere è quella di allargare lo sguardo sul mondo, di rendere concreto e visibile il pensare, di rendere l’emozioni vive e vere. L'emergenza di oggi sono i ragazzi, facili prede del mercato dei consumi e di un mondo artefatto dalle emozioni: essi sono dentro il mondo ma, allo stesso tempo, vivono una grande solitudine (“sentimento oceanico”).
Oggi ci sono molte più opportunità ma anche molta più forme di solitudini, incapacità ad agire nella vita. I ragazzi sono anche disponibili e interessati a sintonizzarsi sullo sguardo alto ma quando questo non c'è rimane il vuoto, ed è sempre festa.
Sembra, apparentemente, che i giovani non abbiano idee sul loro futuro e facciano finta di pensarci. Se però si riesce a rompere il muro che li circonda allora loro rispondono su aspettative, speranze, sogni. Un progetto sociale che si propone di assistere ed aprirsi ai giovani non può limitarsi all'intrattenimento/formazione/assistenza ma deve offrire occasioni di pensiero concreto . Anche le informazioni oggi sono un problema per i giovani, perchè occorre fornire informazioni utili per lo sviluppo cognitivo e per stimolarti all’agire. Grazie all'avvento dei mass media, la comunicazione è divenuta la caratteristica più distintiva dell'epoca attuale. In pochi decenni siamo passati dalle veglie attorno al focolare alla Tv, dai libri e giornali su carta agli hypertesti via internet, dai teatri all'home video, dai concerti alla radio e ai Cd. I media infatti sono entrati a far parte, nel bene e nel male, della nostra vita quotidiana. Non sorprende quindi che la comunicazione sia divenuta un oggetto di studio sempre più centrale e che attorno ad essa ruotino professioni. Una risposta a tutto ciò va trovata nella perdita del rapporto diretto con le realtà su cui viene espresso il giudizio: l’abbondanza di messaggi trasmessi nel villaggio elettronico globale si accompagna alla povertà e all’astrattezza dei significati. Non è possibile dal progresso rimanere immuni ma la consapevolezza di essere vittime e autori di comunicazione è un traguardo necessario per vivere.
Oggi l'etica del divertimento vive momenti di gloria e non mostra segni di cedimento sul mercato mondiale. Tale etica sta soppiantando l'etica del risparmio e del sacrificio. Anche se incombe lo spettro della povertà. Oggi proporre l'etica del sacrificio non funziona più. Occorre pensare ad altro.
Forse è indispensabile proporre un tempo aperto, come alternativa al tempo pieno, al tempo perso e al tempo vuoto.
Oggi l'esperienza della gratuità è sempre più rara. Occorre allora aiutare i giovani ad uscire da se stessi attraverso esperienze di dono e di gratuità . Occorre pensare al dono e alla gratuità tramite uno sguardo educativo.
Oggi siamo portati a vivere le emozioni come sballo. Occorre quindi abituare i giovani alle emozioni contemplazione. La contemplazione non è una cosa astratta ma è la capacità di godere delle cose belle, che costano fatica. Qui dentro ci sta il teatro, la musica e altre esperienze di questo tipo, per educare ad emozioni che sono nella normalità. Non serve abituarsi ad emozioni di breve durata. L'educazione estetica e la creatività richiedono spazio nella società.
Occorre recuperare la fragilità/tenerezza come dimensione normale della vita. Occorre preparare alla resilienza, abituare a sopportare piccole e grandi frustrazioni. Bisogna abituare i giovani ad abitare le proprie fragilità. Non serve un'educazione della perfezione: la scuola non è un pronto soccorso. Non tutti i giovani oggi sono degli analfabeti emotivi.
I giovani si devono sentir dire che il dolore è fonte di apprendimento. Noi non possiamo proporre l'oasi di felicità come i mass media propongono da tutte le parti e in ogni luogo del pianeta. Qui entra in gioco il concetto di sfortuna che non è una costante ma un incidente: anche se, per i giovani tende a riassume tutto ciò che non è previsto, di negativo, da abolire. La sfortuna colpisce a caso, proprio come la fortuna. La sfortuna va accolta come patrimonio umano.
Occorre creare un luogo dove poter incontrare adulti significativi e non eroi, che sappiano raccontarsi con umiltà. Fondamentale è l'incontro personale dal vivo. Occorrono delle sane biografie viventi, nuove e sane vite vissute con il sudore. Dr. Giuseppe Errico

lunedì 17 agosto 2009

Le attività di sostegno alla genitorialità nel progetto “La Strada Maestra”

Una delle attività fondamentali rispetto alle famiglie con minori a rischio sociale è stata senz’altro il corso sulla genitorialità (azione 4) svoltosi ed in corso di svolgimento in due istituti scolastici (III Circolo G.Carducci di Casoria, ICS Pascoli 2) e, a partire da settembre, in molti altri istituti scolastici.
Il tema del rapporto tra genitori e figli presuppone un’ottica di osservazione che ne caratterizza l’analisi e la riflessione, la condivisione di prassi socioeducative. La costruzione di una genitorialità, responsabile e coerente non è un traguardo irraggiungibile. E’ necessaria per sostenere l’arduo percorso della crescita emotiva, affettiva ed etica di un figlio, sia nella prima infanzia che, ancor più, nell’adolescenza. La relazione tra genitori e figli è l¹asse centrale su cui si fonda la famiglia e non è possibile comprendere le dinamiche che si creano se non si tiene di conto delle trasformazioni dell’istituzione familiare (e dell’istituto scolastico) che si sono verificate in questi ultimi decenni. Come si può intuire la famiglia non si fonda su un’asse orizzontale (la coppia) bensì sulla verticalità dei rapporti genitori-figli. Di recente i cambiamenti avvenuti nelle relazioni adulti-bambini hanno portato al passaggio da una famiglia fondata sulla norma a una famiglia fondata sugli affetti. Analizzando il lavoro svolto possiamo affermare che sistema famiglia, così trasformato, sta vivendo un passaggio nel quale i genitori sono in condizione di “disarmo” educativo, che inibisce la loro capacità di sostegno formativo, umano, emotivo.
Le coppie genitoriali (e in particolare le madri) sono apparse alla ricerca di una nuova identità, prive di modelli di riferimento, prive di certezze capaci di supportare le quotidiane scelte educative.
Ciò si ripercuote sui figli, in particolare quelli adolescenti, che sembrano non crescere mai, non trovando stimoli e capacità di accompagnamento dei genitori e rimanendo permanentemente in una dimensione di dipendenza affettiva e pratica.
La ricerca di un’identità del proprio essere genitori diventa fondamentale e tale processo significa imparare a percepirsi in costante cammino di formazione e crescita, a partire da un percorso personale, ma sempre aperto all’attenzione all’altro. Per una madre è importante continuare a interrogarsi, a conoscere, a mettersi in discussione. E ciò significa essere pronti alla decostruzione delle proprie certezze, senza il timore di perderle, comprendere una nuova “forma di sé” che può essere raggiunta solo dislocandosi dalle proprie credenze: l’ascolto, il dialogo, l’empatia, sono tre comportamenti che danno vita a quella che possiamo definire la “pedagogia dell’attenzione” di un genitore. La tensione verso la cura dell’altro diviene il nucleo fondante il nuovo modo di “accogliere” e “attendere” l’altro. L’attenzione è caratterizzata da una leggerezza della dinamica comunicativa, fatta di attese di tempi e di osservazione delle modalità comunicative dell’altro, di pazienza e dedizione all’altro. I giovani hanno bisogno di sognare, di immaginare l’impossibile. Tocca all’adulto saper cogliere, nella quotidianità, i sogni e i progetti dei giovani, mostrando gioia nell’ascoltare ogni pensiero, sia quelli espressi che quelli che rimangono celati nella mente. Quando il genitore volge il suo sguardo fiducioso nei confronti del figlio, quando permette lui di esprimere anche le fantasie più strane, quando offre un ascolto non giudicativo, ma disponibile e discreto, empatico ed emotivamente vivo e aperto, il figlio trova quel porto sicuro di cui ha bisogno per vivere da “adulto”.

giovedì 13 agosto 2009

La scuola in un¹epoca priva di orizzonti

La dispersione scolastica è un fenomeno complesso, non riconducibile solo a situazioni di degrado sociale, disagio economico o povertà culturale. Esso riflette una perdita di efficacia dei diversi ambienti educativi: famiglia, luoghi di aggregazione sociale, territorio e soprattutto la scuola. Come fenomeno sociale connota anche un complesso di manifestazioni collegabili sia all'evasione dell'obbligo, alle bocciature, alle ripetenze, alle interruzioni e alle irregolarità nelle frequenze, agli abbandoni, ai ritardi rispetto all'età, sia all'assolvimento formale dell'obbligo, alla qualità scadente degli esiti, al disadattamento scolastico. Nell’ambito del nostro progetto La Strada Maestra definizione dispersione scolastica rimanda ad uno scenario segnato dalla complessità: della società contemporanea e quindi di tutti i fenomeni sociali, specifica della situazione giovanile, delle interazioni scuola-famiglia-società della ricerca e della valutazione dei processi educativi.
Per definire meglio la dispersione scolastica possiamo dire che si tratta di un fenomeno umano per il quale intelligenze, energie, risorse, occasioni di crescita e d'emancipazionesono sprecate o non utilizzate al meglio. Le cause di tale non ottimale utilizzo di risorse possono essere rintracciate in fenomeni di vario tipo, interni ed esterni al sistema scolastico.
A livello operazionale l'ipotesi di fondo è che sia possibile intervenire per il miglioramento della qualità di vita di un giovane solo a condizione di fronteggiare situazione di danno, tenendo sotto controllo le caratteristiche del servizio scolastico, culturale e sociale presente in un contesto territoriale. Un disagio vissuto a scuola è pur sempre correlabile agli aspetti critici del problema dell'insuccesso formativo.
Date queste premesse il percorso attivato con il progetto La Strada Maestra, che si è inteso sviluppare sin dall’inizio (maggio 2008), è stato quello che, in un'espressione un po' sintetica, è stato definito come il passaggio da una scuola del programma ad una scuola del curricolo.
Il problema centrale del mancato sviluppo della progettualità scolastica è infatti da ricercarsi all'interno dell'attuale logica programmatoria, e cioè nel divario che essa mantiene tra l'intenzione formativa e ciò che invece effettivamente accade nella pratica quotidiana (non solo dell'aula).
Parlare di curricolo significa, invece, affrontare il problema dell'organizzazione dell'esperienza formativa in una situazione scolastica concreta; l'attenzione si sposta sulla necessità di portare allo scoperto la relazione, che esiste, tra i due momenti della progettazione e realtà di fatto dell'esperienza e di farne oggetto di un lavoro preventivo.
Per ciò che attiene al problema della "dispersione" occorre allora puntare su una innovazione progettuale capace di fare operare insieme, in una logica di rete, organismi e professionalità: un tipo di progettualità preventiva per la quale il problema da specificare consista essenzialmente nello sviluppare la competenza a percepire, descrivere e comprendere quello che effettivamente accade nella realtà.
Più ancora appare necessario sviluppare un’analisi completa ed articolata delle caratteristiche generali della proposta educativa, sociale e formativa, per individuare qualsiasi elemento di disagio e per potenziare l’offerta stessa, in modo da rimuovere i fattori territoriali e contestuali che conducono alla dispersione.
Sin d’ora il percorso attuato, in diversi contesti socioculturali, ha dato buoni frutti e si è concretizzato, oltre che nello scambio delle esperienze e nel rafforzamento di una rete di enti territoriali, anche in una forte intesa progettuale (istituti scolastici, enti del terzo settore, enti pubblici).
Un approccio di questo tipo dunque comporta un impegno di risorse finalizzate alla costruzione di aree di intervento sperimentale:
1. la costruzione di una mappa sul fenomeno dei successi e degli insuccessi scolastici per essere in grado di evitare che il fenomeno sfugga, di monitorare i dati, di produrre documentazione e diffonderla ;
2. la costruzione di un percorso sperimentale secondo il metodo della rete;
3. la costruzione di un percorso didattico, che assumendo come problema fondamentale la motivazione allo studio, abbia come obiettivo raggiungibile l’innalzamento del successo scolastico oltre che la lotta alla dispersione scolastica.
Lo sforzo gestionale, che per la sua dimensione è già rilevante, può essere orientato al problema della dispersone scolastica in termini di miglioramento della qualità solo a condizione di assumere un approccio operativo coerente alla natura complessa dell'organizzazione scolastica.
La nostra proposta muove pertanto da una indispensabile premessa progettuale di fondo: nessuna innovazione del servizio scolastico può avere probabilità di riuscita senza sviluppo di una cultura, e quindi di una gestione progettuale del territorio.
É questa una condizione necessaria per riuscire a portare sostanziali correttivi alla produttività scolastica, cioè per affrontare in modo ragionevole il problema della dispersione.
Insomma il tema dispersione scolastica non puo’ connettersi al tema della fragilità interna dei giovani ma bensì alle conseguente devastanti di una epoca priva di orizzonti, di scenari, della possibilità di costruirsi un avvenire: la storia insegna che il risultato di un epoca di cambiamenti comporta periodi negativi e positivi sulle aspettative dei giovani, sul loro futuro. Sino a qualche anno fa la scuola assolveva a compiti educativi di grande importanza. Diversi anni fa le difficoltà che incontrava un giovane erano da collegarsi principalmente, una volta terminati gli studi, alla ricerca di un posto di lavoro tale da garantire la possibilità di metter su famiglia. La paura della povertà non era così forte: la scarsità di svaghi e l'impossibilità di soddisfare tutti i propri desideri non comportava smarrimento. L’autorealizzazione personale includeva sacrifici e solidi punti e persone di riferimento. Al giorno d'oggi, con l'avvento della perdita del futuro, i problemi dei giovani si concentrano maggiormente nell'ambito socioesistenziale. I giovani vengono spinti a crescere in fretta ma si devono poi districare in una società eccessivamente rigida, chiusa e inerziale. Questa situazione lascia il ragazzo in una condizione di solitudine e dà uno stimolo a crescere ancora più in fretta e ad operare scelte autonomamente, anche quando una certa esperienza ed anzianità sarebbero indispensabili. E allora tutti i consigli sull'educazione da dare ai figli, dalla scelta dei maestri al controllo dei metodi educativi, dai sistemi per far sviluppare il senso critico a quelli per correggere gli errori senza schiacciare l'entusiasmo dei giovani si presentano necessari per operare nella società. Ancora una volta il tema del futuro dei giovani ci appare come una necessità per il futuro di noi tutti e per la società. Dr. G. Errico

venerdì 7 agosto 2009

La strada Maestra, Analisi, riflessioni e considerazioni

Nel testo seguente saranno illustrate le principali caratteristiche operative del progetto sull’educazione dei giovani e il contrasto alla dispersione scolastica denominato La Strada Maestra, ideato ed attuato dall’Associazione Agenzia Arcipelago onlus di Napoli con il contributo della Fondazione del Sud di Roma. Pertanto l’obiettivo di tale scritto è quello, sinteticamente, di fornire un panorama generale ed essenziale dello stato operativo del progetto La Strada Maestra rispetto ai ragazzi, alle attività svolte nei luoghi sociali e dell’apprendimento (istituti scolastici). Il tema del contrasto alla dispersione scolastica non è prerogativa della Campania. Il dibattito da tempo coinvolge istituzioni europee, siano esse pubbliche o private. Quindi alla base di ogni azione la considerazione che ogni persona che vive un forte disagio sociale e/o psicologico in ambito sociale e scolastico, rappresenta per la società (in quanto “diverso dagli altri” ) una fonte di crisi sociale, e su tale crisi sociale si sono costruiti dei sistemi organizzati di contenimento (strutture organizzative) per ridurre la crisi sociale. Le strutture organizzative generalmente sono basate su un fine e su un obiettivo: il fine, riguarda lo stato della realtà socialmente desiderata in funzione della quale viene istituita un’organizzazione, mentre l’obiettivo attiene al risultato più probabile di una tecnica scientificamente verificata. La struttura ha un fine, ma spesso può accadere che esso non riguardi la sofferenza del minorenne, bensì la crisi sociale che tale sofferenza induce. Infatti, si può notare come, tutte le strutture organizzate aventi un forte mandato sociale da parte delle amministrazioni locali, dell’ordine pubblico costituito, ecc. riguardo ad un fenomeno che viene esportato dal tessuto sociale, si pongano come fine la riduzione del danno, il contenimento della crisi sociale e la ovvia emarginazione del soggetto, in quanto non corrisponde ad una tecnicità in grado di affrontare e risolvere il problema. Il progetto si inserisce, su una linea di continuità, rispetto al lavoro con i ragazzi che l’ente non profit svolge in Campania, sin dal 1999 ed ha riguardato le prassi di contrasto al disagio. Le operazioni del progetto La Strada Maestra (Azione 1,2,3,4,5,6) si svolgono, per gran parte e per l’intera durata progettuale, in ambito scolastico e, in qualche misura, sul territorio (cfr. la manifestazione “Il giorno del gioco”; “Un Paese Incantato” visita guidata a Campodimele) anche nei luoghi del terzo settore: cooperative sociale Auxilia, Poien, Solidary H, Novella Aurora, associazioni Cat Missione, Banda Don Bosco, Aias, Aaquas). Il territorio di riferimento comprende, oltre il noto quartiere di Scampia di Napoli, diverse città della Provincia di Napoli e della Provincia di Caserta: Casoria, Arzano, Afragola, Teverola, Orta di Atella, Napoli, Giugliano in Campania. Sin d’ora il lavoro svolto, da parte degli operatori (psicologi, assistenti sociali, volontari, esperti, formatori, tutor, ecc.) dopo un periodo promozionale legato anche all’esigenza di rafforzare la rete degli enti del partenariato, si è svolto in gran parte presso le scuole aderenti al progetto. Le prassi si sono indirizzate lto principalmente verso i ragazzi a rischio di dispersione/abbandono scolastico individuati da docenti e dirigenti scolastici e negli stessi istituti scolastici degli enti del partenariato (Scuola Secondaria di I Grado G.Ungaretti, IPSA G.Marconi, etc.). Le varie azioni tuttavia hanno coinvolto genitori e docenti, cittadini e operatori. Verso coloro che in qualche modo sono interessati all’educazione dei giovani e alle prassi di prevenzione sociale: operatori, e cittadini impegnati nel campo del volontariato. Il periodo di riferimento preso in esame è il primo anno di attività (maggio 2008/giugno 2009). Sin dall’inizio il lavoro svolto sul territorio, per una maggiore conoscenza delle difficoltà e opportunità, è risultato utile per un primo censimento/valutazione sulla “domanda sociale” da parte di enti e sulla analisi dei processi di scambio del sistema scuola-territorio-rete sociale (terzo settore). Inolre alcuni criteri operativi e comunicativi (promozione, lavoro in classe, attivazione di corsi e laoratori, colloqui con docenti ed operatori, attivazione e rafforzamento di una “rete di enti”) hanno permettono l’identificazione, sin dall’inizio, delle principali condizioni di facilitazione e di ostacolo all’opeatività così come, negli stessi partecipanti/utenti, le difficoltà legate al “vivere la condizione di studente” e le difficoltà legate all’apprendimento della didattica. Non di rado si sono evidenziate specifiche forme di disagio dei giovani nell’ambito della scuola e nel contesto familiare, rispetto alle più generali difficoltà di apprendimento, di comunicazione, di socializzazione. Altresì non sono mancate difficoltà di comprensione sull’operatività da parte di docenti e dirigenti scolastici e, in sostanza, tra il comporto scuola e il nostro progetto sull’educazione dei giovani. Spesso non è stato facile far comprendere ad alcuni insegnanti/operatori sociali presenti sul territorio il nostro ruolo di promotori, affiancamento e supporto alla didattica e al lavoro sociale, di promotori di benessere. Spesso la richiesta di presa in carico, riguardo alcuni giovani studenti, non era ben motivata e celava il bisogno (non sempre mascherato) di non volersi occupare, più di tanto, della condizione di disagio dello stesso minore. Le attività e le tematiche della prima annualità attivate sono state molteplici dopo un periodo di promozione del progetto presso enti pubblici e privati. Per la seconda annualità si prevede, in contemporanea, l’attivazione delle restanti attività anche al fine di recuperare qualche lieve ritardo sulla tempistica prevista. Dr. Giuseppe Errico