venerdì 11 giugno 2010

Le prassi di accompagnamento nel progetto La Strada Maestra per percorsi di inclusione sociale

Forse l’Occidente non sparirà per l’inarrestabilità dei processi migratori, contro cui tutti urlano, ma per non aver dato senso e identità, e quindi per aver sprecato le proprie giovani generazioni. Galimberti U., 2007

0. La storia comincia da qui

Il presente contributo intende sintetizzare alcuni degli aspetti emersi durante l’attuazione del progetto La Strada Maestra, proporre una riflessione ed alcune evidenze di campo. L’esperienza dell’Associazione Agenzia Arcipelago Onlus nel campo del sociale e dell’educazione dei giovani ha le sue origini nell’ambito delle prassi sociali (L.n.285/97; L.n.328/00) e della formazione (FSE). Lo scopo del progetto è stato quello di rimettere in rete organismi ed esperienze concrete, di ridurre l’isolamento dei genitori, ridurre il numero di giovani che abbandonano la scuola e che, non avendo un loro “progetto di vita”, rischiano la marginalità sociale, a volte cadendo nel circuito dell’illegalità. L’ottica è di agire in funzione della ricerca di soluzioni ed alternative al disagio vissuto dai ragazzi, docenti e genitori negli istituti scolastici e sui territori a rischio. Lo scopo è di agire in risposta ad un disagio collettivo che richiede risposte innovative, legate al tempo, capaci di attivare e rafforzare le comunità allargate (“istigazione territoriale ”). Partendo dalla forte motivazione ad individuare soluzioni “creative” ai molteplici aspetti del disagio sociale, familiare, individuale, sono state organizzate, nell’ambito del progetto biennale La Strada Maestra, alcune ed incisive azioni ed interventi collettivi e individuali (accompagnamento sociale, sostegno alla genitorialità, laboratori sul volontariato sociale, etc.) che hanno contribuito ad una rapida crescita collettiva nel contesto scuola/famiglia, sino a dare forma ad una prassi di lavoro di rete sociale a forte carattere partecipativo e solidaristico. In questo tratto epocale l'umanità ha il presentimento di un mutamento pauroso del suo destino e, insieme, una speranza forte di salvezza e di pace (Piro S., 2002).
La prospettiva d’azione è stata quella socio-educativa, del lavoro di rete e si è caratterizzata, prioritariamente, come azione comunitaria centrata sulle attività dentro/fuori il contesto didattico per favorire percorsi di contrasto alla dispersione scolastica e inclusione sociale. La sensibilizzazione dei vari gruppi (adulti, genitori, docenti, operatori e giovani) ha permesso di sviluppare e approfondire le relazioni nella comunità, mentre lo sviluppo sociale e aggregativo sul territorio, ha permesso la crescita organizzativa favorendo l'abbandono delle originarie forme assistenziali e spontaneiste d’azione. Il radicamento delle prassi educative, la costante presenza degli psicologi, volontari ed educatori nei singoli istituti scolastici coinvolti nel partenariato, la conoscenza dei linguaggi dei giovani, l’attenzione ai luoghi deprivati, ai genitori e alle loro storie di vita, alle risorse, ai bisogni collettivi e individuali, rappresentano, insieme al senso di appartenenza al territorio, il patrimonio che ha permesso l’avvio e lo sviluppo dell’esperienza La Strada Maestra. Da qui l’azione dell’Associazione è stata orientata a favorire la partecipazione dei docenti/operatori (alcuni referenti per territori coinvolti nel progetto), le connessioni tra esperienze e gruppi culturali e generazionali, nella prospettiva del rafforzamento del senso di comunità, di una sinergia in termini di contrasto e lotta alla dispersione scolastica e, più in generale, del disagio giovanile.

La storia del progetto inizia nelle scuole e a contatto con docenti, genitori e ragazzi, con speranze e attese, desideri e prassi di aiuto (prassi psicologiche, sociali ed educative). Il progetto ha sperimentato un modello di integrazione operativa tra enti pubblici e privati ed è stato realizzato coinvolgendo un partenariato piuttosto allargato costituito da differenti partner (scuole, cooperative, enti pubblici, associazioni di volontariato).
Attraverso un accordo di cooperazione/partenariato è stata realizzata una rete di enti/esperienze/professionalità: l’attivazione di azioni/interventi che hanno permesso la presa in carico di più di 2000 soggetti beneficiari finali (singoli utenti, gruppi classe, adulti, genitori, volontari) dell’iniziativa e l’attivazione dei relativi progetti individuali. Inoltre è stata possibile l’elaborazione e la sperimentazione di un sistema di lavoro di rete sociale e territoriale (Afragola, Arzano, Casoria, Giugliano in Campania, Napoli, Teverola, Orta di Atella).
Il raggiungimento di tali obiettivi ha permesso che la sperimentazione di tale modello di lavoro potesse essere acquisita dalla programmazione anche di altri territori che hanno espresso la volontà di ritenerla strategica per rendere più efficace il sistema di gestione ed erogazione di servizi sociali.
Ancora una volta si richiama in maniera significativa la dimensione dell’accompagnamento agli enti/territori/esperienze intesa come una funzione che, partendo dalla valorizzazione delle risorse (umane, organizzative, promozionali, scientifiche, ecc.) al fine di facilitare obiettivi di autonomia (autoaiuto), è intesa come promotrice di azioni positive, sinergiche, capace di stabilire connessioni (reti allargate) tra i vari ambiti di intervento ed ambiti territoriali svantaggiati (quartieri a rischio) ed in grado di cogliere le relazioni al fine di una progettualità compatibile con le risorse territoriali.
Nell’ambito del progetto sociale La Strada Maestra ( maggio 2008/ maggio 2010) sono stati coinvolti numerosi istituti scolastici oltre quelli previsti inizialmente dal partenariato (Istituto Comprensivo Pascoli II di Napoli Quartiere Secondigliano, Istituto Comprensivo Palizzi di Casoria, I.P.S.C.T. Don Geremia Piscopo di Arzano, Scuola Secondaria di Primo Grado G.Puccini di Casoria, Scuola Secondaria di Primo grado De Filippo/Vico di Arzano, Scuola Secondaria di Primo Grado Ludovico da Casoria di Casoria), la complessità degli interventi finalizzati all’educazione dei giovani, il contrasto della dispersione scolastica, la promozione sociale, la prevenzione, la riduzione del danno psicologico, il recupero (ri/scatto personale riguardo gli studi e il disagio sociale) e l’inserimento sociale hanno comportato una particolare attenzione alle esigenze del territorio deprivato (carenze culturali, assenza di spazi aggregativi), ai bisogni/aspettative e alle motivazioni (positive e negative) dei giovani, in particolare alle funzioni di apprendimento e di accompagnamento/orientamento che caratterizzano la relazione con alcuni target tipici: minori, giovani, genitori, operatori sociali e docenti. Da un lato alcune attività (corso di volontariato, corso di informatica) hanno consentito di rafforzare alcune abilità e competenze (abilità sociali, impegno civile, ecc.), dall’altro altre attività (rivolte anche ai genitori: corsi sulla genitorialità, orientamento, accompagnamento sociale) hanno permesso di potenziare le capacità relazionali e sociali.
Il progetto biennale si è proposto come sperimentazione di un modello di servizio “allargato” per la costruzione ed attivazione di percorsi collettivi e individualizzati di soccorso sociale di fasce deboli.
Gli aspetti problematici relativi sono significativamente intrecciati con i problemi sociali: l’assenza o la perdita delle attività socioeducative extrascolastiche e di supporto alla genitorialità è strettamente correlata al rischio di emarginazione ed esclusione sociale. L’attuazione di interventi socio-assistenziali non risulta sufficiente alla risoluzione di tale problematica, un accompagnamento assistenziale non induce all’attivazione di una soluzione e in ultima analisi non conduce ad un’autonomia sociale.
A questo proposito il progetto La Strada Maestra - per raggiungere gli obiettivi prefissati - ha realizzato e potenziato una serie di legami sociali tra enti istitutzionali e non, la “presa in carico” non tanto degli utenti (studenti, giovani, genitori, operatori, ecc.) bensì del territorio. Nella cultura dell’Associazione, in particolare, le prassi sociali e, nel caso specifico, le prassi di accompagnamento sono descrivibili all’interno dello spazio semantico delimitato dai concetti ascoltare-riconoscere-riconoscersi: l’ascolto è inteso come capacità di cogliere le potenzialità di un territorio/comunità, la sospensione di un giudizio negativo (“i giovani sono tutti….”), l’accoglienza e rielaborazione delle storie di vita, spazio alla manifestazione dell’identità dell’altro; il riconoscimento è inteso come restituzione della dignità e della identità personale e collettiva; il riconoscersi è inteso come movimento simmetrico di reciproca nominazione dell’identità all’interno di un sistema di legami comunitari. Tra le attività avviate quella relativa alle prassi di accompagnamento (Area 3) per soggetti in difficoltà e a rischio di esclusione sociale è stata finalizzata ad analizzare non solo le manifestazioni del disagio ma anche la sofferenza oscura (Piro, 2005) ovvero le dimensioni operative ed organizzative in relazione al contesto didattico-scolastico. In esito a tale percorso è stata prevista la realizzazione di interventi individuali e per singole classi di alunni (gruppo-classe), interventi psicopedagogici e formativi finalizzati alla riqualificazione delle funzioni della didattica, interventi di supporto per docenti e operatori locali.
Attraverso tali attività si è voluto pertanto procedere in direzione di un aiuto alle famiglie, ai ragazzi (accompagnamento sociale) e ai docenti, una sorta di sostegno alla “didattica per la didattica” e alla “cura delle crisi”, per una qualificazione continua del contesto didattico, della funzione degli operatori scolastici e quindi delle reti sociali valorizzando la dimensione dell’accoglienza/ascolto. Come è stato possibile rilevare la funzione di accompagnamento si è evidenziata maggiormente utile per la sua trasversalità rispetto sia al contesto didattico e alla sua implementazione, sia rispetto ai sistemi organizzativi coinvolti. La necessità di raccordare questi due livelli è stata dunque particolarmente rilevante. In questo senso l’analisi operativa ha rappresentato un’opportunità strategica per una lettura più organica delle prassi di inclusione sociale nelle singole scuole. In particolare, per la sua trasversalità, ha permesso una più organica razionalizzazione del complesso comparto scuola.
L’altro elemento caratterizzante è stato la dimensione inter-istituzionale del progetto. A questo livello l’accompagnamento ha assunto le caratteristiche di un intervento di sistema che si è sviluppato in un quadro multidimensionale (variabili inter-organizzative e intra-organizzative).

1. Un tratto di strada insieme ad altri

L'impegno attivo contro l'esclusione include necessariamente anche tutti gli interventi psicologici, sociali, progettuali (riabilitativi nelle terminologie d'uso), ambientali, pedagogici che il lavoro collettivo, la ricerca autentica, l'esperienza, la sperimentazione abbiano dimostrato utili nella cura della sofferenza e nel mutamento del destino singolare.
Non si può in alcun modo ravvisare in coloro che si occupano della sofferenza oscura una capacità di liberazione dall'esclusione che non derivi dalla generale coscienza della condizione umana in questa parte della storia, dalla pratica, dall'esperienza, dalla libera ricerca. Abbiamo realizzato un pezzo di strada con ragazzi e genitori, docenti e operatori sociali. Non tutti forse si ricorderanno della strada intrapresa. Ma il progetto La strada maestra è vissuto come reciproco accompagnamento tra le parti e coinvolge: docenti, allievi, operatori, genitori. Insieme potremmo dire che “abbiamo tentato di cambiare la realtà”. La realtà di cui si parla si lega al disagio, all’esclusione, alla sofferenza, alla dispersione scolastica, agli ostacoli nell’apprendere. In questo senso il progetto La strada maestra deve essere letto attraverso l’esperienza del condividere, del legame sociale, del fare un pezzo di strada insieme dentro e fuori la scuola e il nucleo familiare: prima dell’atto dell’aiuto esiste infatti l’esperienza esistenziale della compagnia, dell’auto-aiuto. Chiave di questa lettura è il senso di appartenenza ad una rete di legami sociali ed ad un territorio, attraverso il quale si può individuare un’ultima dimensione dell’accompagnamento: quello dell’aiuto alla comunità, alla collettività.
Nell’esperienza dell’Associazione Agenzia Arcipelago Onlus, in particolare l’accompagnamento personale, sociale, collettivo, proprio perché preceduto dal legame sociale, in realtà non ha un termine definito cronologicamente (l’età) o funzionalmente (la soluzione di un problema), ma continua come trama di sviluppo delle biografie individuali, dei gruppi e dei nuclei familiari, fuori e dentro gli istituti scolastici.
Accanto alle competenze di tipo tecnico attribuibili alla figura professionale dell’educatore o psicologo, altri operatori dell’Associazione (collaboratori) hanno articolato le competenze anche nei seguenti punti:
- saper ascoltare (silenzio e solitudine creativa);
- saper tacere;
- umiltà nel processo di costruzione della relazione;
- saper credere nella possibilità del cambiamento;
- saper essere disponibili al proprio cambiamento;
- saper accogliere le storie di vita narrate all’interno della relazione.
In altre parole le prassi sociali possono poggiare anche su figure non tecniche ma non per questo meno importanti nei processi di crescita.

2. Il rilancio dei legami sociali

E’ possibile rilanciare un’educativa affettiva (e non solo cognitiva) nelle scuole, nei luoghi dei giovani, di aggregazione ed espressione, una cultura dei legami sociali basati sul rispetto reciproco? Crediamo che tale aspetto o ipotesi di lavoro non sia secondario rispetto all’utilizzo delle prassi sociali innovative nelle scuole. L’attuazione del nostro progetto ha consentito, in un certo qual modo, un rilancio delle politiche territoriali nella Provincia di Napoli e Caserta (oltre che in alcuni quartieri della città di Napoli: Scampia e Secondigliano) come strumento di sviluppo delle reti, valorizzazione dell'accompagnamento all'interno di politiche partecipative, azione stabile e coerente: si tratta di punti che hanno costituito l’intelaiatura di un programma organico di politica territoriale e, al tempo stesso, snodi ad impatto organizzativo non indifferente.

3. L’approccio globale: il sociale con il culturale

Per l’Associazione Agenzia Arcipelago Onlus l’educazione dei giovani e il contrasto della dispersione scolastica sono delle priorità, dei concetti concreti strettamente collegati tra loro, alla prevenzione e al contrasto dell’esclusione individuale e richiedono un lavoro complesso, di comunità e di rete sociale. Non è un caso che l’approccio utilizzato è stato di tipo eco-sistemico ed ha riconosciuto come interni alla funzione di aiuto la finalità di rianimare i processi vitali della comunità ed i meccanismi espliciti di solidarietà.
La prima fase del percorso ha previsto un lavoro di approfondimento con genitori, operatori e docenti attraverso incontri e confronti con testimoni e interlocutori privilegiati afferenti al mondo scolastico, che si occupano di politiche e servizi sociali, ad operatori dei servizi territoriali. Come momento di lavoro di questa prima fase sono stati organizzati numerosi incontri per uno scambio di valutazioni fra i diversi soggetti invitati. Gli scambi hanno consentito di acquisire numerosi elementi di conoscenza in merito alla dimensione concettuale delle funzioni di accompagnamento per minori svantaggiati, alle dimensioni delle competenze nonché agli aspetti più direttamente correlati alla sfera organizzativa dei servizi e degli interventi sociali sul territorio e negli istituti scolastici coinvolti nelle aree di Casoria, Arzano, Afragola, Giugliano, Napoli (Scampia, Secondigliano), Teverola, Orta di Atella. Sono emersi inoltre interessanti evidenze circa le interazioni tra le azioni di policy locale e l’efficacia dell’accompagnamento sociale.
Nella seconda fase sono stati effettuati studi di caso per l’approfondimento della tematica.

4. Escludere/Includere

L’esclusione sociale dei ragazzi o studenti rappresenta una condizione legata ad una molteplicità di fattori, che limitano la presa di coscienza delle capacità residue, latenti, di un individuo mettendo a repentaglio la sua integrità e il suo benessere globale.
L’urgenza di una riflessione approfondita su questo tema e di una messa a punto di politiche sociali di intervento nasce sostanzialmente da due condizioni:
- l’intreccio dei diversi fattori che, in una crescente complessità sociale e culturale, concorrono al rischio di esclusione (non sono infatti più soltanto determinate ed evidenti condizioni di precarietà esistenziale che producono disagio e marginalità, ma una complessità di concause, spesso sfuggenti nelle reciproche influenze, che richiedono nuove e più articolate chiavi di lettura);
- la tradizionale “contrapposizione statica fra gli in e gli out, che nasconde l’erosione delle posizioni intermedie” .
L’esclusione sociale può generare una catena di reazioni che evidenziano la complessa compenetrazione di piani di vita di cui la stessa marginalità si alimenta: conflittualità, tensione, impoverimento e diminuzione della coesione sociale e del senso di comunità. Attraverso i meccanismi dell’etichettamento, nei gruppi degli esclusi si rinforzano i comportamenti che sono stati motivo di esclusione.
È dunque di un pensiero ampio che la polarità inclusione/esclusione ha bisogno per lasciare intravedere altri piani di leva, un pensiero che sappia recuperare ed esplicitare orientamenti di valore in relazione ai meccanismi di funzionamento della società, che superi divisioni, distanze, contrapposizioni (ad es. tra inclusi ed esclusi, poiché sempre più i soggetti “in” sono a rischio di essere “out” in ogni momento della loro vita e per motivi che sfuggono al loro controllo e ad una relativa prevedibilità) . A questo proposito gli stessi esclusi, e ancor più i soggetti a rischio di esclusione, devono essere assunti quale parte attiva per comprendere e contrastare dinamiche e situazioni che generano disagio e spingono ai margini della socialità. In tal senso la partecipazione attiva degli esclusi, anche in forme organizzate, costituisce un elemento chiave per lo sviluppo di strategie efficaci di contrasto all’esclusione sociale.
Nello stabilire i suoi criteri di funzionamento una società definisce indirettamente anche le condizioni di marginalità e disagio da parte di chi non partecipa ai meccanismi del sociale in modo attivo e consapevole.
Come mette in luce l’International Labor Organization , l’esclusione sociale è uno stato di povertà nel quale l’individuo non può accedere alle condizioni di vita necessarie per soddisfare i suoi bisogni essenziali (cibo, salute, istruzione, ecc.) e per vivere esperienze positivamente partecipative all’interno dei contesti sociali nei quali si vive. In questa prospettiva, dunque, soggetti socialmente esclusi sono tutti quei gruppi di cittadini le cui competenze ed abilità partecipative alla vita sociale sono compromesse in misura rilevante.
In una società complessa, anche l’esclusione si presenta con i tratti della complessità e della multiaccadimentalità: per descrivere il fenomeno dell’esclusione si ricorre al concetto di multidimensionalità, che tenta di render conto della molteplicità dei fattori di ingresso nella condizione di esclusione: condizione abitativa, reddito, occupazione, rete relazionale e condizione familiare-affettiva, assenza di protezione, etichettamento sociale. Alcune definizioni sottolineano i fattori più squisitamente relazionali, ponendo in primo piano gli aspetti di disaffiliazione alimentati dai fenomeni di precarizzazione del lavoro e di indebolimento dei legami sociali dovuti alla trasformazione delle strutture e dei modelli familiari e al deperimento delle forme di socialità quali il sostegno sociale fornito dalle reti di vicinato o dalle reti di associazioni a livello locale” .
Si è già posto l’accento sul fatto che l’esclusione sociale sia uno dei fenomeni più diffusi della nostra società e che essa riguardi soprattutto i soggetti definiti fragili, a rischio, in talune circostanze, di cadere in una completa condizione di isolamento dal contesto sociale e lavorativo. Molti (e molto differenti tra loro) sono i soggetti ad esserne esposti. Tratti comuni rimandano al tema dell’identità e della partecipazione alla vita collettiva, degli spazi sociali, dell’appartenenza e della reciprocità. La fragilità di un individuo/gruppo esprime il grado di esposizione ai fattori di rischio da considerare in relazione alle possibilità che i soggetti incontrano di comunicare, esprimersi e alle possibilità di accedere alle risorse ed opportunità sociali.
Tra coloro che è possibile collocare tra quelli più a rischio sono certamente i soggetti che vivono al di fuori di una rete di sostegno o che non hanno un sistema interno e relazionale in grado di garantire accesso ad opportunità e risorse, da quelle proposte dagli istituti educativi a quelle di socializzazione.
Altra questione generale è quella che chiama in causa “la disattenzione”, “la caduta di investimento” dell’investimento sociale laddove l’attenzione rappresenta un disegno di benessere.

5.Quale futuro per l’accompagnamento sociale di enti e persone?

In tal senso l’accompagnamento si configura come funzione promotrice di risorse, di spazi di comunicazione, di connessioni. È utile, tuttavia, un accordo semantico sugli obiettivi e le funzioni dell’accompagnamento nei differenti contesti in cui esso è o dovrebbe essere previsto, oltrechè sulle competenze dell’accompagnatore. L’accompagnamento, dunque, si rivela come funzione della relazione o processo d’aiuto, particolarmente utilizzata per contrastare un percorso di emarginazione o un rischio di esclusione sociale, promuovendo risorse e muovendosi in una logica di empowerment. In questo senso i lavoratori sociali dovrebbero essere sempre più promotori di risorse piuttosto che erogatori di risposte, ricercando le risorse là dove esistono: le risorse familiari, le risorse locali che possono essere attivate per favorire l’autonomia. Se l’accento principale viene posto in relazione agli individui, la considerazione necessaria è comunque che vi sia una maggiore esplicitazione delle funzioni di accompagnamento, di un rinnovato statuto, soprattutto in virtù del raggiungimento di obiettivi così ambiziosi e così necessari, come l’autonomia e l’inclusione sociale del soggetto a rischio.
La progettazione delle funzioni di accompagnamento deve tener conto delle dimensioni della ricerca, necessaria per passare dalla logica dei servizi a quella dei bisogni sociali.
Alcuni brevi rilievi, infine, sulla relazione tra dimensione concettuale delle funzioni di accompagnamento e professioni: è indispensabile affrontare il tema della ridefinizione dei profili professionali degli operatori sociali sia per quanto riguarda l’aspetto della formazione di base che per quanto riguarda la formazione permanente in servizio.
Il lavoro sociale senza funzione di accompagnamento non è definibile come tale. Pertanto più che come funzione autonoma essa può essere intesa come insieme di funzioni riconoscibili all’interno di una funzione più complessa. I requisiti della progettazione dell’accompagnamento sono quelle canoniche di ogni progettazione (definizione di scopo, obiettivi, azioni, risorse, ecc), ponendo tuttavia particolare attenzione a vincolare l’accompagnamento al contesto più ampio del lavoro sociale, che a sua volta risponde ad obiettivi e visioni di politica sociale.
Complessivamente, la centralità della dimensione e delle funzioni di accompagnamento motivano l’esigenza di definire e sperimentare territorialmente un efficace modello di formazione finalizzato da un lato ad accrescere le competenze di base e tecnico professionali degli operatori sociali direttamente impegnati in attività a contatto con le varie tipologia di utenza di soggetti a rischio di esclusione sociale; dall’altro a qualificare la progettazione, il monitoraggio e la valutazione delle funzioni di accompagnamento accrescendone l’efficienza e l’efficacia. L’analisi del lavoro sul campo, limitatamente alla questione della dimensione organizzativa collegata all’esercizio efficace delle funzioni di accompagnamento, ha permesso di evidenziare le seguenti funzioni di accompagnamento:
accompagnamento a valenza di mediazione tra istituto scolastico e nuclei familiari;
accompagnamento a valenza pedagogica per singoli studenti a rischio sociale e di dispersione scolastica;
accompagnamento a valenza terapeutica (ad indirizzo psicologico “tradizionale”);
accompagnamento all'interno di una pianificazione didattica specifica centrata sul problema;
accompagnamento come azione di sostegno alla relazionalità.

Tali forme diversificate di accompagnamento avevano come centro, ciascuno in modo differente, la centralità del legame di fiducia (legame sociale), la decodifica della domanda, i percorsi di solidità delle reti territoriali (tra enti pubblici e del terzo settore), il processo di presa in carico specialistica, la connessione con le politiche istituzionali, lo sviluppo delle reti, l'integrazione tra settori all'interno di politiche partecipative.



Aspetti fondamentali delle prassi di accompagnamento sociale

Accompagnamento si colloca in una dimensione multiattoriale
Accompagnamento all'interno di una pianificazione centrata sul problema
Accompagnamento all'interno di una programmazione con logica incrementale
Centralità del legame di fiducia e dello scambio
Centralità della decodifica della domanda “allargata” al contesto (scuola, famiglia)
Passare dal caso al problema
Ridefinire le professioni sociali (lavoro molteplice)
Ruolo determinante delle azioni locali
Accompagnamento a valenza di mediazione e confine
Accompagnamento a valenza pedagogica
Accompagnamento a valenza terapeutica (come azione di sostegno alla relazionalità e con il processo di presa in carico)


Il progetto La Strada Maestra quindi ha reso disponibili modelli d’intervento e strumenti che si sono dimostrati trasferibili a beneficiari differenti ed in territori diversi.
Su un piano operativo l’accompagnamento è stato sviluppato dall’Associazione attraverso un movimento continuo tra docenti e operatori, dal gruppo al singolo e viceversa, tentando sempre di ricondurre la relazione interpersonale all’interno di legami sociali (dentro e fuori la scuola), di aprire questi ultimi all’evoluzione delle identità personali. La chiave operativa del progetto è stata la relazione, il cui approfondimento è stato fondamentale per lo sviluppo della fiducia reciproca, per il rilancio di una educazione emotiva. Attraverso la relazione emotiva, che ha spesso origine nei setting informali, il consolidamento della fiducia reciproca permette di animare percorsi di ricerca condivisa delle risorse (interne/esterne) che possono contribuire alla soluzione dei problemi in modo attivo e partecipato, oltre la logica classica “servizio-utente”.
Ancora una volta dunque la dispersione/esclusione va compresa ovvero studiata, rivelata, antagonizzata: ed essa, come un mostro a mille teste, continuamente si riproduce e si trasforma in varianti pseudoprogressiste e pseudoliberatorie, con nomi, forme, tecniche, attitudini diversissime e complicate. Tuttavia ogni azione deve prevedere una dissoluzione del modello rigido in un modello molto più fluido, atto al collegamento in una rete sociale, spinto verso l'outreach, teso all'istigazione verso le forme di autonomia territoriale, pronto a cogliere tutte le occasioni di gestione non istituzionalizzata della crisi, impegnato a realizzare interventi e azioni per sofferenti che siano facoltative, variabili, provvisorie, atte al ritorno del singolo alla comunità. Così si potrà aprire un nuovo scenario, a favore di modalità più elastiche di accoglienza emergenziale, volte alla comprensione del senso della crisi e del suo superamento senza mutilazioni esistentive. La pratica sociale non si “esaurisce” quasi mai e nessun intervento si presenta “concluso”. La “buona” pratica sociale è immersa nei mutamenti del tempo, include un sostegno attivo e incondizionato delle persone e, senza una loro effettiva e autentica partecipazione collettiva, appare inutile. A conclusione il progetto La Strada Maestra ha messo in evidenza come ogni pratica pedagogica o di accompagnamento o di lotta all’esclusione sociale, ogni impegno contro la dispersione scolastica, nella sofferenza e nell'esclusione è una ricerca sull'accadere umano e nell’anima delle persone: ogni operatore, ogni volontario, ogni cittadino, ogni docente, ogni ragazzo, ogni allievo che attivamente svolga un'azione positiva, liberatrice contro la sofferenza, conduce una ricerca fertile di insegnamenti e di conseguenze. E non solo per se stesso. Giuseppe Errico e Angela La Torre


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