– favorire il confronto fra i soggetti che a vario titolo esercitano competenze e responsabilità in tale ambito (sistema scolastico, famiglie, agenzie formative, associazioni, enti locali) per promuovere un’azione congiunta e la circolazione di informazioni e di strumenti di intervento;
– superare la frammentazione degli interventi a favore di una progettualità comune che integra e si articola in singoli interventi: (azione 1); dall’orientamento (azione 2); sostegno alla genitorialità (azione 4); all’accompagnamento educativo del minore (azione 3); all’apprendimento dell’informatica (azione 6); all’avvio alle attività sociali e del volontariato (azione 5);
– creare, all’interno dei contesti scolastici e formativi, occasioni informazione, formazione e scambio tra i diversi soggetti sulle tematiche relative alla prevenzione primaria;
– attivare situazioni che favoriscano la costruzione di una rete condivisa di servizi interni ed esterni finalizzati al benessere scolastico.
In questo modo abbiamo agito e stiamo agiremo per il “sapere” e per il bene di questi ragazzi che chiedono solo di non essere mortificati perché non riescono, di non essere trattati come casi speciali e di non rimanere ai margini della vita scolastica. L’assimilazione dei contenuti, dei giudizi e delle prospettive favorirà un territorio e una scuola intesa come ambiente educativo, deputato a proteggere, favorire e sostenere lo sviluppo della persona, in particolare la consapevolezza di sé e dei “talenti”, la percezione di essere protagonisti dei propri progressi, l’autostima, la soddisfazione e fiducia di sé che deriva dall’essere consapevoli delle proprie risorse, la capacità di usare adeguatamente strategie per affrontare le proprie difficoltà di apprendimento, utilizzando risorse possedute, la motivazione ad aumentare le conoscenze.
Gli alunni che vanno male a scuola sono stati identificati sulla base delle valutazioni scolastiche e dei giudizi attribuiti dai docenti, giacché non esistono profili e modelli definiti. Sulla base delle esperienze condotte fino a oggi è possibile, però, delineare il seguente quadro di riferimento delle caratteristiche ambientali e personali. Età d’insorgenza Abbiamo dato la precedenza al lavoro nelle scuole secondarie di I° grado. Molti studi e ricerche, infatti, evidenziano che i rendimenti scolastici inferiori alle capacità dell’alunno si rilevano già dalla prima classe della scuola primaria e in alcuni casi anche dalla scuola dell’infanzia. Differenze di genere Abbiamo notato che i maschi evidenziano maggiori difficoltà rispetto alle ragazze. Gli studi condotti da McCall (1992) fanno emergere che le difficoltà di apprendimento si manifestano prevalentemente nei maschi piuttosto che nelle femmine con un rapporto di 2 a 1. Atteggiamenti nei confronti della scuola e dello studio Abbiamo rilevato, non in tutta l’utenza minorile coinvolta, dalle descrizioni casuali fatte da insegnanti alcuni comportamenti più frequenti nell’alunno con difficoltà scolastiche. I ragazzi e le ragazze assumono spesso nei confronti della scuola comportamenti ostili, aggressivi, di chiusura e di rifiuto e nei confronti dello studio atteggiamenti di noia, distrazione, svogliatezza, indifferenza agli insuccessi, trascuratezza nell’esecuzione dei compiti, disorganizzazione del lavoro scolastico, incostanza nell’impegno. Condizione socio-familiare Dai numerosi incontri con genitori (quasi sempre donne) abbiamo rilevano che gli alunni con difficoltà scolastiche appartengono generalmente a famiglie numerose, che hanno un basso livello d’istruzione, le cui madri sono spesso casalinghe e a famiglie che manifestano un atteggiamento negativo nei confronti della scuola e/o che presentano una condizione sociale svantaggiata. [Dottor GIUSEPPE ERRICO Psicologo - Ricercatore ISTITUTO DI PSICOLOGIA E RICERCHE SOCIO-SANITARIE]
1 commento:
buon articolo
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