sabato 6 febbraio 2010
LA STRADA MAESTRA: EDUCARE DALL’ESPERIENZA
[…Anche se il ragazzo difficile porta con sé un vissuto già compromesso, ciò non modifica il senso della sua ri-educazione che resta rivolta verso il futuro. Si tratterà infatti di considerare questo grumo di esperienza allo stesso modo con cui, in un processo educativo, consideriamo e trattiamo il “passato” di un soggetto: come il punto di partenza di un percorso che procede in avanti.]
Mi piace riportare quanto affermato da Bertolini qualche anno fa e pensare a quanto ciò sia indispensabile in un contesto lavorativo delineato dalla marginalità e dal disagio dei ragazzi coinvolti. Sono entusiasta di essere tra gli operatori di questo progetto, di poter dare il mio contributo in un contesto in cui si scopre la nuova – ma che nuova non è – figura dell’educatore, finalmente emancipata dalla visione assolutizzante del modello scolastico. Da più di qualche mese mi occupo di accompagnamento sociale ai ragazzi di scuole medie e superiori situate in contesti sociali disagiati, e a rischio di dispersione scolastica. Incontro ragazzi che vivono di relazioni precarie soprattutto dal punto di vista affettivo ed emotivo, in cui spesso i valori della vita assumono il sapore dell’illegalità. Appare difficile, peraltro, sganciarli dal sistema culturale in cui sono cresciuti e spesso la scuola, sebbene resti l’unico posto “sicuro” al riparo dalle relazioni sociali in cui sono invischiati, da sola stenta a motivarli e ad attrarli. Alunni insoddisfatti, dagli stessi insegnanti considerati “a rischio” – definizione impropria ed etichettante, a mio avviso- sono invece i primi a mostrarsi collaborativi ad iniziative che esulano dalle normali e ormai obsolete attività in classe, che rimandano ad una tipologia di formazione che per loro è lontana anni luce. Cercano imput di natura diversa; attratti dai media, hanno voglia di lavorare e studiare con nuovi strumenti, con nuove pratiche educative, dove trova spazio anche l’educazione razionale-emotiva. Il prezzo di una vita emozionale gestita male, è ben evidente in quei comportamenti che noi operatori del sociale incontriamo ogni giorno e che hanno canali comunicativi distruttivi per se e per gli altri. Per questo ho scelto di far esercitare i ragazzi con le loro emozioni, attraverso il disegno e con l’aiuto delle immagini, dove può essere più facile esprimersi. L’intento è quello di proporre nuove visioni della realtà, altre prospettive e calarli in nuovi scenari comunicativi ed espressivi. La sfida del quotidiano è, quindi, pensare a proposte e prassi operative, che si pongono come alternative – parallele - alla scuola tradizionale, in cui sia centrale la dimensione dell’apertura al possibile, come condizione costitutiva della relazione educativa. E’ questa apertura che caratterizza il cambiamento e la trasformazione, dove il bagaglio di esperienza e di vissuto dei ragazzi non viene ad essere modificato, ma fornisce gli spunti su cui poter lavorare insieme ad una possibile “Altra” visione esistenziale.
Dott.ssa Immacolata Manzo Pedagogista
Mi piace riportare quanto affermato da Bertolini qualche anno fa e pensare a quanto ciò sia indispensabile in un contesto lavorativo delineato dalla marginalità e dal disagio dei ragazzi coinvolti. Sono entusiasta di essere tra gli operatori di questo progetto, di poter dare il mio contributo in un contesto in cui si scopre la nuova – ma che nuova non è – figura dell’educatore, finalmente emancipata dalla visione assolutizzante del modello scolastico. Da più di qualche mese mi occupo di accompagnamento sociale ai ragazzi di scuole medie e superiori situate in contesti sociali disagiati, e a rischio di dispersione scolastica. Incontro ragazzi che vivono di relazioni precarie soprattutto dal punto di vista affettivo ed emotivo, in cui spesso i valori della vita assumono il sapore dell’illegalità. Appare difficile, peraltro, sganciarli dal sistema culturale in cui sono cresciuti e spesso la scuola, sebbene resti l’unico posto “sicuro” al riparo dalle relazioni sociali in cui sono invischiati, da sola stenta a motivarli e ad attrarli. Alunni insoddisfatti, dagli stessi insegnanti considerati “a rischio” – definizione impropria ed etichettante, a mio avviso- sono invece i primi a mostrarsi collaborativi ad iniziative che esulano dalle normali e ormai obsolete attività in classe, che rimandano ad una tipologia di formazione che per loro è lontana anni luce. Cercano imput di natura diversa; attratti dai media, hanno voglia di lavorare e studiare con nuovi strumenti, con nuove pratiche educative, dove trova spazio anche l’educazione razionale-emotiva. Il prezzo di una vita emozionale gestita male, è ben evidente in quei comportamenti che noi operatori del sociale incontriamo ogni giorno e che hanno canali comunicativi distruttivi per se e per gli altri. Per questo ho scelto di far esercitare i ragazzi con le loro emozioni, attraverso il disegno e con l’aiuto delle immagini, dove può essere più facile esprimersi. L’intento è quello di proporre nuove visioni della realtà, altre prospettive e calarli in nuovi scenari comunicativi ed espressivi. La sfida del quotidiano è, quindi, pensare a proposte e prassi operative, che si pongono come alternative – parallele - alla scuola tradizionale, in cui sia centrale la dimensione dell’apertura al possibile, come condizione costitutiva della relazione educativa. E’ questa apertura che caratterizza il cambiamento e la trasformazione, dove il bagaglio di esperienza e di vissuto dei ragazzi non viene ad essere modificato, ma fornisce gli spunti su cui poter lavorare insieme ad una possibile “Altra” visione esistenziale.
Dott.ssa Immacolata Manzo Pedagogista
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