lunedì 26 aprile 2010

Riflessioni Personali...

L’accompagnamento sociale come processo di educazione emotiva e affettiva-relazionale, promozione del benessere psico-fisico e prevenzione del disagio

Nel corso di questo entusiasmante viaggio chiamato “La strada maestra”, ricco di emozioni e di momenti riflessivi, ho sentito, spesso, definire i giovani come persone che non hanno valori. Dalle “valutazioni” altrui intrise di giudizi, sembrerebbe, parafrasando Nietzsche che i giovani siano “affetti da nichilismo” inteso come volontà del nulla, come negazione dell’esistenza di valori o di realtà comunemente ammessi. Più propriamente il termine veniva usato dal filosofo per indicare il prevalere di un atteggiamento contrario alla vita. Io non sono d'accordo con tale “visione altrui”, i miei occhiali mi hanno consentita di oltrepassare il muro del pregiudizio, di andare oltre i confini che i giovani facilmente tendono a tracciarsi, di sciogliere il ghiaccio dei loro cuori, di leggere le loro fragilità, le loro paure, di accoglierli e accettarli così come sono con tutte le imperfezioni dei loro vissuti. Non credo che i ragazzi non abbiano valori, credo, piuttosto che i ragazzi abbiano bisogno di imparare ad entrare in contatto con le proprie emozioni, a riconoscerle e soprattutto ad esternarle in modo adeguato e soprattutto con chi sappia accoglierle e contenerle senza spaventarsene o respingerle.

Il termine emozione deriva dal latino "ex-moveo", che significa 'muovere-fuori, uscire, sgorgare', l'etimologia della parola richiama quindi un movimento che da 'dentro' va verso 'fuori'. Nel corso della mia esperienza formativa e lavorativa ho avuto modo di acquisire che l'emozione nasce nella relazione con l’altro, nel rapporto con l'esterno. Se consideriamo la nostra storia dal punto di vista delle vicissitudini emozionali, possiamo vedere come anche il nostro modo di vivere, sentire, mostrare le emozioni sia il prodotto di un insieme di atteggiamenti acquisiti nell’educazione ricevuta e nelle esperienze della vita.

Osservando un bambino di alcuni mesi o un anno possiamo notare l'intensità con cui interagisce con l'ambiente: quanta concentrazione nei giochi, quanta forza e decisione nelle manifestazioni di rabbia, quanta tenerezza nell'abbracciare o nel lasciarsi coccolare, quanto abbandono prima di addormentarsi. Il bambino infatti vive la vita (ovviamente quando ciò gli è concesso, vista la sua estrema dipendenza dagli adulti) in modo molto intenso e globale: ciò che pensa è strettamente collegato a ciò che prova, vede, sente, in una situazione di equilibrio tra sensazione, emozione, pensiero e azione. Crescendo, con lo sviluppo del pensiero, del ragionamento, della funzione simbolica, della fantasia, le cose si fanno molto più complesse, il bambino si appropria degli atteggiamenti di coloro che si prendono cura di lui e spesso questo equilibrio viene meno. Presto impara quali manifestazioni vengono accettate dagli adulti, quali gli è concesso di mostrare e quali no, quali sono i modi con cui può esprimersi, ecc.

In questo complesso gioco di desideri, bisogni, permessi, autorizzazioni, divieti, rifiuti, assensi e dissensi, gradualmente prende forma il carattere di una persona, vale a dire l'insieme dei suoi modi caratteristici e ripetitivi di comportarsi. Abbiamo così persone che non si arrabbiano mai, cioè non esprimono mai la rabbia apertamente, persone che ridono molto raramente, persone perennemente impaurite, proprio perché insieme al carattere, anche le modalità di espressione delle emozioni vengono acquisite nella propria storia evolutiva, nell'educazione, fin da molto piccoli. In effetti si afferma che vi sono forti tendenze nella società moderna che privilegiano l'aspetto immaginativo della vita, il cognitivo a scapito di altri aspetti quali gli affetti, le sensazioni fisiche, il contatto umano, la relazione.
Benessere non significa assenza di emozioni forti o dolorose, ma poter vivere pienamente le emozioni congrue alle situazioni di vita, siano esse rabbia, aggressività, tenerezza, paura, abbandono, tristezza, ecc..

Le emozioni spesso non trovano espressione nella nostra quotidianità, vengono represse oppure ingrandite nell'espressione immaginaria o fantastica; così si riduce di molto la capacità e le possibilità di una vita intensa, di un profondo rapporto umano con le persone e con la realtà esterna, cosa che rappresenta spesso un fattore facilitante o causa esso stesso di disagio, malessere, disturbi di vario tipo o patologie. Ed è per questo che penso, sempre di più, che l’accompagnamento sociale come processo di educazione emotiva e affettiva-relazionale vada introdotto nelle scuole a partire dalle scuole materne come parte integrante della didattica accanto all'insegnamento della storia, delle scienze, per prevenire, curare e guarire le future generazioni. Ed è stato questo il senso dell’accompagnamento sociale del progetto la Strada Maestra. In particolare il mio obiettivo specifico come psicologa è orientato alla promozione dell’acquisizione di consapevolezza e capacità di autoregolazione delle proprie emozioni, per la conoscenza e l’approfondimento dei principali aspetti del comportamento sociale affinché ci possa essere il riconoscimento della vera libertà basata sui valori e sul senso di responsabilità, in particolare, è indispensabile promuovere attraverso l’educazione alle emozioni la progressiva maturazione delle abilità emotive e sociali e dell’autonomia di giudizio e di scelta soprattutto in un tessuto sociale ricco di miti difficili da sfatare ma certamente non impossibili. Rosa Casaburi

lunedì 12 aprile 2010

ANCORA CINEMA


Il corso di cinema e diritti alla scuola Piscopo di Arzano continua anche se, nelle sue fasi conclusive, il tempo  è troppo poco per una più corretta dinamica generale sul mondo del “volontariato visivo”. Diversi studenti si sono totalmente appassionati al discorso diritti umani nel cinema, proponendo alcune “sceneggiature” che riguardano il loro mondo più da vicino, considerando le problematiche familiari, relazionali e sociali. Il vantaggio di parlare di temi “altri” ci da la conferma che il mondo dei giovani cammina autonomamente, nell’interesse proprio, nell’interesse di crescere più in fretta,  di farsi vedere, sentire, di costruire.  Oggi il corso ci da l’opportunità di conoscerci meglio, di concepire dal di dentro le situazioni, le preoccupazioni, le gioie uniche, irripetibili, che insegnano, si fanno carico dei problemi, delle aspettative che gli alunni immaginano nel loro percorso di studi. Il corso per i servizi sociali intersecandosi con il contributo del cinema come volontariato che denuncia, guarda, segnala, fa rivivere l’interesse per la scuola come accompagnamento introduttivo alle dinamiche di giustizia, valore, impegno e rispetto. [A.C.]      

venerdì 9 aprile 2010

martedì 6 aprile 2010

cinema e scuola


Il corso alla scuola Ludovico da Casoria è terminato la settimana scorsa. I bambini di 10, 11, anni hanno seguito ogni martedì per due ore di seguito il corso di sceneggiatura cinematografica. Nell’ambito del progetto scuole aperte, in classe c’erano più di 20 alunni che alla fine si sono divisi in tre gruppi di lavoro. Abbiamo iniziato con la visione di alcuni film e cortometraggi. Poi continue discussioni in classe sui problemi attuali, sulla storia, sulla vita. Le riflessioni più straordinarie sono uscite direttamente dai bambini che attratti dal mondo “televisivo” hanno scoperto che la realtà è anche altra. Il gruppo ha discusso, ascoltato, commentato e si è organizzato per il finale. 

I tre esponenti dei tre gruppi di lavoro hanno scritto una relazione finale. La cosa più sorprendente è che ogni gruppo ha presentato la sua sceneggiatura cinematografica scritta e corretta. In fine si sono organizzati per rappresentarla così come su di un set di un film. L’entusiasmo è salito quando a fine corso abbiamo prospettato che forse l’anno prossimo realizzeremo un vero cortometraggio filmato. I tempi scelti senza l’ausilio dei docenti sono stati: il bullismo, la camorra e l’amicizia. Molti hanno espresso il parere di continuare il corso, di vederci anche fuori, ma per adesso aspettiamo li mese si maggio, quando saranno interpretate nella sala teatro della scuola i soggetti scritti dai tre gruppi. [A.C.]