lunedì 22 febbraio 2010

CORSO DI CINEMA E DIRITTI

Nuove prospettive e nuovi film nel corso di cinema e diritti alla Scuola Piscopo di Arzano. Sia la 3° a che la 3° B hanno finito il primo ciclo di spiegazione ed introduzione al documentario sociale. Il primo film “Magdalene” di Mullan è stato accolto con molta attenzione e curiosità da parte degli alunni, con diverse domande sia prima che dopo la proiezione. La settimana scorsa dopo unaq breve spiegazione abbiamo proiettato alcuni cortometraggi rassegna di un film “All the Invisibile Children”. Moto apprezzato il corto di Spike Lee sull’Aids e il film di Veneruso sui bambini che scippano per avere il diritto di giocare. [A.C. - R.M.]

lunedì 15 febbraio 2010

Un Passo alla Volta

Primo articolo scritto dai ragazzi della scuola Piscopo di Arzano di Napoli, in relazione alla visita educativa presso la "Locanda del Gigante", comunità di recupero e centro di solidarietà. Non è stato corretto nulla per non alterare il significato e le interpretazioni che alunna ha dato all'evento. Continueremo a pubblicare periodicamente gli scritti e ringraziamo il preside, i docenti e tutti quelli che hanno permesso di realizzare questa giornata.

Il giorno 22 gennaio ci siamo recati con la scuola presso una comunità di tossicodipendenza ad Acerra, che si chiama “La Locanda del Gigante”.

Questa comunità ospita 8 persone tra qui alcolisti e drogati che stanno cercando di uscire da questo tunnel buoi.

Arrivati alla “Locanda del Gigante” siamo stati accolti dai ragazzi e dal dirigente della comunità. Siamo stati divisi in gruppi ed ogni ragazzo ci ha raccontato la propria esperienza, il come si è trovato in questa situazione ed anche il perché hanno deciso di smettere.

Ci hanno fatto visitare tutta la locanda e ci hanno fatto vedere i posti dove svolgono la giornata svolgendo lavori manuali,coltivando la terra etc…

Durante tutto il percorso c’erano numerose scritte con un significato profondo,c’erano anche dei pezzi di legno con delle targhette con sopra scritti i nomi delle persone che hanno vissuto nella locanda e che poi una volta usciti sono ricaduti di nuovo nel tunnel della droga e non sono usciti piu perche sono morti.

Abbiamo pranzato anche insieme a queste persone,poi ci hanno portato a visitare anche le loro stanze e ci hanno detto che ogni giorno a turno i ragazzi fanno i padroni di casa cioè organizzando loro da mangiare,da fare i servizi, etc…

Ho parlato con quasi tutte le persone ma in particolare con Giuseppe ed Antonio che sono 2 persone fantastiche ed hanno capito i loro sbagli ed e per questo che sono lì per dare una svolta alla loro vita.

È stata un’esperienza bellissima anche se avevo un poco di tensione ma una volta arrivata lì tutto e cambiato. Spero di ritornarci di nuovo ed incontrare delle nuove persone e di saper che queste persone siano guarite.

Durante questi giorni ho penato tanto a loro, a cosa stessero facendo e se magari hanno raccontato di noi alle loro famiglie.

Voglio augurare un grandissimo in bocca a lupo a tutte le persone che si trovono in questa situazione. Relazione di Angela Martinello

venerdì 12 febbraio 2010

Dispersione scolastica: allarme sociale?

Il quadro complessivo delle attuali riforme in ambito scolastico e sociale pone il contrasto alla dispersione scolastica e la promozione del successo formativo come obiettivi prioritari non solo degli istituti scolastici, ma dell¹ intero sistema sociale, della società/famiglia, assumendo una prospettiva più ampia rispetto al successo scolastico e all¹inclusione sociale, secondo la quale la formazione è intesa come risorsa permanente per la crescita di ogni individuo.
Lo scenario attuale, infatti, colloca le profonde innovazioni del sistema scolastico in un contesto normativo più ampio rispetto alla formazione e al campo delle tradizionali prassi di intervento.
Negli ultimi anni sulla dispersione scolastica dei giovani si stanno concentrando innumerevoli sforzi operativi. Una rete sociale di enti ed esperienze al momento risulta un obiettivo ancora lontano in Campania, terra di emergenze nuove e antiche. Un giovane che ha difficoltà a scuola costituisce un allarme sociale, in particolare, rispetto alle prospettive concrete sul futuro. E¹ fuori di dubbio che, discutere di dispersione scolastica, significa sicuramente descrivere un fenomeno complesso, che racchiude in sé diversi aspetti, come i ritiri, le ripetenze e i drop-out (termine quest¹ultimo che suggerisce l¹idea di un qualcosa che si ³dissolve²). Il fenomeno coinvolge le istituzioni scolastiche e le famiglie, ma anche il campo sociale in generale e le strutture di formazione e informazione (enti formativi, parrocchie, terzo settore, etc.). Non vi è dubbio che per fronteggiare l¹allarme sociale (che in Campania assume un primato negativo per l¹alto numero di casi), occorre poter disporre di operatori preparati sull¹argomento, di ³gruppi interdisciplinari², di una ³rete sociale² capace di intervenire con metodiche innovative nei casi più a rischio.
In questo senso la complessità degli interventi può costituire un orizzonte e scenario operativo. Nel nostro caso ovvero nell¹ambito di un progetto sociale ³La strada maestra (finanziato dalla Fondazione per il Sud di Roma), tutti gli interventi attuati perseguitano l¹ampio orizzonte della promozione sociale, della prevenzione (accompagnamento sociale) e dell¹orientamento formativo. Lo scopo è la riduzione del danno e il recupero/inserimento scolastico.
Come è possibile rilevare il nostro lavoro, presso alcuni istituti scolastici della Provincia di Napoli e di Caserta, evidenzia la necessita¹ di un recupero della relazione con il sistema famiglia e sistema scuola, l¹esigenza di un lavoro trasversale rispetto sia alle attività scolastiche sia al contesto di vita del giovane. L¹analisi della funzione di accompagnamento rappresenta un¹opportunità strategica per una lettura più organica sull¹inclusione sociale. allo sviluppo di comunità, all¹accompagnamento come azioni di sistema. Rispetto alla dispersione scolastica, si possono evidenziare alcuni aspetti cruciali. Il primo è che sono soprattutto gli adolescenti (in particolare la fascia d¹età compresa tra i 14 e i 17 anni) a ³disperdersi². Un secondo aspetto importante riguarda invece una dimensione più profonda e psicologica del fenomeno che è connessa al particolare momento della vita che attraversa il giovane, l¹adolescente, al mondo dell¹esclusione sociale. A tal proposito, riuscire a livello preventivo a contenere la dispersione scolastica, significa anche cercare di contenere i vissuti di solitudine dell¹adolescente (che spesso, a livello più o meno consapevole, vengono alimentati dalla scuola stessa), il suo sentirsi non compreso, o nei casi più preoccupanti, il suo ritenersi ³insufficiente² nella vita. Il problema del disagio adolescenziale (e i suoi risvolti a livello scolastico) ed il problema della prevenzione, urge un contributo nello studio circa l¹attuazione di modelli di prevenzione nella scuola, che valorizzino la comunicazione tra insegnanti e alunni e tra gli stessi compagni di classe. In riferimento a ciò un terzo aspetto si ritiene centrale: il ruolo chiave del gruppo (la formula rxr , dei giovani per i giovani) nella prevenzione della dispersione scolastica e, prima ancora, del disagio adolescenziale.
Sono gli stessi giovani (per i giovani) che possono fronteggiare le forme di esclusione sociale dei loro amici/studenti.
In questo contesto si collocano le azioni e gli interventi ³La Strada Maestra² coerenti con la costruzione di un sistema sociale che ordinariamente e intenzionalmente promuova il successo formativo, l¹orientamento, il contrasto all¹esclusione dei giovani, la lotta al disagio. Questo sostanzialmente significa: passare dagli interventi rivolti alle patologie del sistema scolastico, quindi straordinari e sperimentali, ad una strategia ordinaria finalizzata alla prevenzione primaria (fare le cose giuste al momento giusto) e al contrasto alla dispersione scolastica, alla promozione del successo formativo per tutti; garantire la piena scolarità, portando tendenzialmente tutti agli stessi risultati e non solo garantire l¹ accesso e la frequenza; affrontare i nodi strutturali del sistema scolastico e sistema famiglia agendo non con interventi riparativi e compensativi rivolti ai singoli, ma con interventi sistemici rivolti alla rete di soggetti e di relazioni; assumere indicazioni che vengono dalle migliori esperienze per valorizzarne i punti forti coerenti con il nuovo contesto che si intende attivare. Dr. GIUSEPPE ERRICO

domenica 7 febbraio 2010

Sulla persona prevalente che ci tiene in ostaggio

"Il superamento dell'angoscia nevrotica è, anche, svincolo intelligente dall' obbligo della recita della parte meno favorevole" (Piro S. 200l).
Se si postula una continuità ininterrotta fra ciò che accade dentro di noi (“coscienza riflettente”) e l’esterno (“campo antropico”: sociale, ambientale, fisico, ecc.), fra interiorità e mondo esterno, non può darsi nel campo della cura/prendersi cura degli altri, alcuna prassi eterotrasformazionale che, non sia la pretensione attuale di una trasformazione interiore, di ciò che accade. E neppure potrà darsi alcuna prassi autotrasformazionale che sia staccata dall'accadere dell'accadere o non vi sia inerente.
La trasformazione interiore, anticamente detta dell’anima, è interpenetrazione, commistione, contagio di singolarità e formazione di aperture al mondo, scambio tra singolarità duali, plurali, composite. Ciascuno accoglie dall’altro. In fondo, tutti i processi umani di compartecipazione, relazione, scambio sono innegabilmente eterotrasformazionali, coinvolgono altre persone, altra gente, altre visioni, altri spazi. All'alterità raggiunta (o perseguita) segue il contagio che, senza posa, comporta l'inseguimento di ulteriori diversità (stati di coscienza, stati personali): infatti questa persona nuova, questa maschera diversa, nell'ampliamento che si è prodotto del sistema conoscitivo personale, è molto più adesa all'orizzonte generale del proprio tempo (trasformazione cronodetica). La persona nuova si riconosce anche nella sua fragilità momentanea, nell’incertezza, nel dubbio, nell’inconsistenza e nella sua provvisorietà: sono segnali preziosi di un cambiamento, di un crollo della fortezza (o presunta tale) e di purificazione e metamorfosi umana. Le donne e gli uomini sono talora prigionieri della “persona prevalente” (Piro S., 2005) che li tiene in ostaggio, che non offre tregua, che imprigiona impedendo il superamento della sofferenza oscura: la difficoltà ad uscirne dà loro l'illusione di una personalità unitaria, eterna, invincibile che li caratterizza totalmente, che può mostrarsi eternamente agli occhi degli altri. Ma ogni cura può darsi come autocura, trasformazione ontica, metamorfosi improvvisa.

Questa autotrasformazionaliche che la persona sembra porre in atto, a tratti indipendentemente da ogni insegnamento, cura, azione etero trasformazionale, è una condizione possibile al di là degli scenari psicopatologici e delle scienze della “psy”. Fra tutte le grandi crisi quella “ontica”, nel nostro tempo, viene spessa trascurata e in sostituzione vengono poste descrizioni psicopatologiche a buon mercato. Chi vive nel mercato della cura (tecnici della sofferenza) necessitano del mercato delle sofferenze. Ma a questa crisi umana (ontica) deve esser dato ora il nome antico di “metanoia”: il superamento di una condizione di sofferenza o dolore comporta quasi sempre un cambiamento di una visione del mondo, di se stessi e di ciò che ci circonda, in un arco di tempo mentre le persone che non sono più imprigionate (o, meglio, che lo sono di meno) tendono a connettere le proprie visioni del mondo, i propri criteri di giudizio, i propri sentimenti anche con quelli di altre comunità umane diverse dalle proprie.

Voler curare/prendersi cura di un'altra persona (oltre noi stessi) coincide sempre, in ogni caso, con l'avvento di un più ampio orizzonte di senso, nell'ampliamento che si è prodotto, dopo una fase attiva o di attesa “personale” (o di sospensione), del sistema conoscitivo. Chi oltrepassa la sofferenza oscura è molto più legato all'orizzonte generale del proprio tempo. Come afferma Piro (Piro S., 2005) le persone sono talora prigionieri della persona prevalente che li tiene in ostaggio: la difficoltà ad uscirne dà loro l'illusione di una personalità unitaria e forte che li caratterizza totalmente. Una condizione questa cui tutti, nel bene e nel male, possiamo ritrovarsi durante un viaggio, il cammino della vita. DR GIUSEPPE ERRICO

sabato 6 febbraio 2010

LA STRADA MAESTRA: EDUCARE DALL’ESPERIENZA

[…Anche se il ragazzo difficile porta con sé un vissuto già compromesso, ciò non modifica il senso della sua ri-educazione che resta rivolta verso il futuro. Si tratterà infatti di considerare questo grumo di esperienza allo stesso modo con cui, in un processo educativo, consideriamo e trattiamo il “passato” di un soggetto: come il punto di partenza di un percorso che procede in avanti.]
Mi piace riportare quanto affermato da Bertolini qualche anno fa e pensare a quanto ciò sia indispensabile in un contesto lavorativo delineato dalla marginalità e dal disagio dei ragazzi coinvolti. Sono entusiasta di essere tra gli operatori di questo progetto, di poter dare il mio contributo in un contesto in cui si scopre la nuova – ma che nuova non è – figura dell’educatore, finalmente emancipata dalla visione assolutizzante del modello scolastico. Da più di qualche mese mi occupo di accompagnamento sociale ai ragazzi di scuole medie e superiori situate in contesti sociali disagiati, e a rischio di dispersione scolastica. Incontro ragazzi che vivono di relazioni precarie soprattutto dal punto di vista affettivo ed emotivo, in cui spesso i valori della vita assumono il sapore dell’illegalità. Appare difficile, peraltro, sganciarli dal sistema culturale in cui sono cresciuti e spesso la scuola, sebbene resti l’unico posto “sicuro” al riparo dalle relazioni sociali in cui sono invischiati, da sola stenta a motivarli e ad attrarli. Alunni insoddisfatti, dagli stessi insegnanti considerati “a rischio” – definizione impropria ed etichettante, a mio avviso- sono invece i primi a mostrarsi collaborativi ad iniziative che esulano dalle normali e ormai obsolete attività in classe, che rimandano ad una tipologia di formazione che per loro è lontana anni luce. Cercano imput di natura diversa; attratti dai media, hanno voglia di lavorare e studiare con nuovi strumenti, con nuove pratiche educative, dove trova spazio anche l’educazione razionale-emotiva. Il prezzo di una vita emozionale gestita male, è ben evidente in quei comportamenti che noi operatori del sociale incontriamo ogni giorno e che hanno canali comunicativi distruttivi per se e per gli altri. Per questo ho scelto di far esercitare i ragazzi con le loro emozioni, attraverso il disegno e con l’aiuto delle immagini, dove può essere più facile esprimersi. L’intento è quello di proporre nuove visioni della realtà, altre prospettive e calarli in nuovi scenari comunicativi ed espressivi. La sfida del quotidiano è, quindi, pensare a proposte e prassi operative, che si pongono come alternative – parallele - alla scuola tradizionale, in cui sia centrale la dimensione dell’apertura al possibile, come condizione costitutiva della relazione educativa. E’ questa apertura che caratterizza il cambiamento e la trasformazione, dove il bagaglio di esperienza e di vissuto dei ragazzi non viene ad essere modificato, ma fornisce gli spunti su cui poter lavorare insieme ad una possibile “Altra” visione esistenziale.
Dott.ssa Immacolata Manzo Pedagogista

LA STRADA MAESTRA: EDUCARE DALL’ESPERIENZA

[…Anche se il ragazzo difficile porta con sé un vissuto già compromesso, ciò non modifica il senso della sua ri-educazione che resta rivolta verso il futuro. Si tratterà infatti di considerare questo grumo di esperienza allo stesso modo con cui, in un processo educativo, consideriamo e trattiamo il “passato” di un soggetto: come il punto di partenza di un percorso che procede in avanti.]
Mi piace riportare quanto affermato da Bertolini qualche anno fa e pensare a quanto ciò sia indispensabile in un contesto lavorativo delineato dalla marginalità e dal disagio dei ragazzi coinvolti. Sono entusiasta di essere tra gli operatori di questo progetto, di poter dare il mio contributo in un contesto in cui si scopre la nuova – ma che nuova non è – figura dell’educatore, finalmente emancipata dalla visione assolutizzante del modello scolastico. Da più di qualche mese mi occupo di accompagnamento sociale ai ragazzi di scuole medie e superiori situate in contesti sociali disagiati, e a rischio di dispersione scolastica. Incontro ragazzi che vivono di relazioni precarie soprattutto dal punto di vista affettivo ed emotivo, in cui spesso i valori della vita assumono il sapore dell’illegalità. Appare difficile, peraltro, sganciarli dal sistema culturale in cui sono cresciuti e spesso la scuola, sebbene resti l’unico posto “sicuro” al riparo dalle relazioni sociali in cui sono invischiati, da sola stenta a motivarli e ad attrarli. Alunni insoddisfatti, dagli stessi insegnanti considerati “a rischio” – definizione impropria ed etichettante, a mio avviso- sono invece i primi a mostrarsi collaborativi ad iniziative che esulano dalle normali e ormai obsolete attività in classe, che rimandano ad una tipologia di formazione che per loro è lontana anni luce. Cercano imput di natura diversa; attratti dai media, hanno voglia di lavorare e studiare con nuovi strumenti, con nuove pratiche educative, dove trova spazio anche l’educazione razionale-emotiva. Il prezzo di una vita emozionale gestita male, è ben evidente in quei comportamenti che noi operatori del sociale incontriamo ogni giorno e che hanno canali comunicativi distruttivi per se e per gli altri. Per questo ho scelto di far esercitare i ragazzi con le loro emozioni, attraverso il disegno e con l’aiuto delle immagini, dove può essere più facile esprimersi. L’intento è quello di proporre nuove visioni della realtà, altre prospettive e calarli in nuovi scenari comunicativi ed espressivi. La sfida del quotidiano è, quindi, pensare a proposte e prassi operative, che si pongono come alternative – parallele - alla scuola tradizionale, in cui sia centrale la dimensione dell’apertura al possibile, come condizione costitutiva della relazione educativa. E’ questa apertura che caratterizza il cambiamento e la trasformazione, dove il bagaglio di esperienza e di vissuto dei ragazzi non viene ad essere modificato, ma fornisce gli spunti su cui poter lavorare insieme ad una possibile “Altra” visione esistenziale.
Dott.ssa Immacolata Manzo Pedagogista

lunedì 1 febbraio 2010

CORSO DI CINEMA E DIRITTI


Il corso ci cinema e diritti umani nelle classi 3°A e 3°B della scuola Piscopo di Arzano ha già scelto alcuni film da vedere e commentarli in classe. Giovedì abbiamo iniziato con il film di Magdalene di Peter Mullan, una “sceneggiatura” piuttosto complessa almeno per il tema affrontato. Quando il regista vinse a Venezia la chiesa di Roma insorse per calunnia ma la realtà in passato è ben altra. Questa settimana con la 3°A decideremo cosa vedere. Saranno gli alunni a scegliere tra i seguenti film: Persepolis, Pater Familias, Milk, Magdalene, il Giardino dei limoni, All the Invisible Children. La settimana prossima daremo il via alla discussione, poi ancora film e dibattiti. Alcune donne hanno già scritto un piccolo soggetto che deve ancora essere letto e valutato. Un buon inizio per ora, le due terze sono disciplinate, attente ed alcune studentesse hanno dimostrato una perspicace sensibilità sulla questione femminile e sulla diversità.